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Gianfranco Rosi • Regista

“Un anello di Saturno che nasconde futuri possibili”

di 

- Sacro GRA di Gianfranco Rosi, Leone d’Oro per il miglior film alla Mostra di Venezia. In sala dal 26 settembre distribuito da Officine UBU

Gianfranco Rosi • Regista

"Non c'è nessuna differenza tra finzione e documentario, si tratta sempre di drammaturgia e dunque ogni storia ha un suo modo di essere narrata. Semmai è importante domandarsi ciò che è vero e ciò che è falso". Gianfranco Rosi, regista di Sacro GRA [+leggi anche:
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, commenta così la presenza dei documentari nel concorso, per la prima volta nella storia della Mostra del Cinema di Venezia. Per Rosi, che ha 25 anni di documentari nella sua filmografia, Sacro GRA, nato da un'idea del paesaggista-urbanista Nicolò Bassetti, costituisce un punto d'arrivo. 

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Cineuropa: Ha impiegato tre anni per realizzarlo questo film ambientato intorno al Grande Raccordo Anulare di Roma.
Gianfranco Rosi: "Nei primi sei mesi ho preso confidenza con i luoghi e le persone, il tempo necessario per avvicinarsi. Per me è indispensabile compiere un processo di avvicinamento ai personaggi e alle loro storie che può durare anche mesi. La macchina da presa deve sparire e riesco a capire dove metterla dopo aver passato tempo con loro. Ho frequentato il palmologo per due anni: un giorno, poco prima del tramonto, è arrivata la sua storia e ho girato quei 20 minuti poi utilizzati nel film. La cosa più difficile inizialmente è stata impossessarsi del GRA, fare mia quella che non è solo una lunga striscia d'asfalto ma nasconde tante storie, tanti futuri possibili. Decisivo è stato l'incontro con l'architetto Renato Nicolini, con il quale ho fatto un lungo giro del raccordo, che ho filmato e che è diventato un piccolo documentario presentato all'ultimo Festival di Roma"

Cosa accomuna questi personaggi?
"Il raccordo è un pretesto narrativo, un luogo privo di identità dove ho trovato tessuti di umanità. Volevo che non ci fosse una trama, non ci fosse un inizio e una fine. Ho fatto il film per puro istinto. Ma stamattina ho capito il filo che lega i protagonisti: il legame con il passato. Sono tutti legati ad un mondo passato, agli anni 30 il nobile, ai 60 e 70  l'attore di fotoromanzi. E poi l'ultimo pescatore d'anguille, il portantino legato all'anziana madre. Resistenze antropologiche per un mondo che non c'è più. Infatti non ci sono storie di giovani, non erano interessati alla macchina da presa. La crisi di questo Paese non è la crisi economica, che è ciclica, ma la la mancanza d'identità. Una crisi che abita nella città dove non c'è un futuro possibile. E per combattere la crisi d'identità bisogna filmare chi l'identità ce l'ha".

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"Diciamo che i due film mostrano due aspetti di Roma uguali e opposti: uno si muove in direzione centripeta, l'altro centrifuga. Io ho guardato fuori Roma, perché la vita comincia lì con personaggi che hanno una forte identità, sono dotati di grande poesia, mentre la città è mummificata, un pantano turistico, gastronomico, culturale".

Un grande cantore del GRA è stato Federico Fellini con il film Roma.
"Mentre montavo il film avevamo bisogno di scrivere una didascalia. Riguardando quel film di Fellini in una versione per l'estero, ho ascoltato il commento fuori campo ' il raccordo è come un anello di Saturno'. Ho usato questa citazione all'inizio di Sacro GRA". 

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