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Andrei Gruzsniczki • Regista

“Il film cerca di riprodurre la nostalgia e l’immobilità di quegli anni”

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- Il film di Andrei Gruzsniczki, Quod Erat Demonstrandum, esplora le tante tipologie di oppressione dell’individuo nell’era comunista.

Andrei Gruzsniczki • Regista

Proposto in prima mondiale all’8° Festival del Film di Roma, il secondo film di Andrei Gruzsniczki, Quod Erat Demonstrandum [+leggi anche:
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intervista: Andrei Gruzsniczki
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racconta eventi accaduti dal 1984: un matematico, Sorin Parvu (Sorin Leoveanu) è indagato dalla polizia segreta dopo la pubblicazione di uno dei suoi teoremi su una rivista americana senza il permesso del regime comunista. Nel suo film in bianco e nero, il regista esplora le tante tipologie di oppressione dell’individuo nell’era comunista.

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Cineuropa: Partiamo dal punto d’inizio del film: quanto è ispirata alla realtà la storia?
Andrei Gruzsniczki: Sono partito da una storia di molti anni fa che conoscevo, quella di un architetto che aveva partecipato ad un congresso internazionale e non era mai tornato. Quella che seguì fu una vera odissea per lui e la sua famiglia. Anche se la Repubblica Socialista di Romania aveva aderito a tutti i trattati internazionali sul libero transito dei cittadini, in particolare negli Accordi di Helsinki, le autorità di Bucarest facevano del loro meglio per bloccare le cose. Ottenere un passaporto poteva richiedere anni.

Perché ha scelto l’ambito matematico?
All’inizio il personaggio di Parvu doveva essere un ingegnere. È “diventato” un matematico dopo che ho letto la biografia del matematico Octav Onicescu. Quando ho cominciato a scrivere lo script ho letto molto su quel periodo: uno dei libri era il file della polizia segreta su Onicescu, che conteneva tutte le note informative su di lui. Il documento rivela i meccanismi degli agenti che “studiavano” gli individui, ma anche l’intrusione nelle loro vite (ad esempio, le intercettazioni telefoniche includono anche ricette di cucina). Molte delle cose così scoperte sono simili a Facebook — le informazioni vengono rivelate da un individuo attraverso i network online. Ti fa pensare che i network online sono gli strumenti informativi più efficienti per la polizia segreta nella nostra società fast-food. Ma questa è una digressione. Tornando a Onicescu, ho notato che chi lo studiava non sapeva se il soggetto avesse o meno valore: è normale, non erano specializzati. Questo indica che la polizia di stato, la Securitate, traeva delle conclusioni col supporto di specialisti esterni, magari non esclusivi del regime. E arriveremmo a dubbi infiniti, in un ambito nel quale il valore di una teoria può provocare lunghi dibattiti anche tra matematici. La nozione di valore è difficile da organizzare in gerarchie. Ne nasce una domanda: “Chi stabilisce il valore?”. Questo è il modo in cui il regime otteneva i file personali (ovvero un file di valutazione di una persona in base alla sua “sana origine” – NdR) che sostituivano di solito le competenze personali. In ultimo, questa volatilità della gerarchia mi ha fatto inserire il personaggio nel campo matematico.

Perché ha scelto il bianco e nero?
Sin dalle discussioni preliminari, sia Velvet Moraru, il produttore del film, che Vivi Drăgan Vasile, direttore della fotografia, “hanno visto” questo film in bianco e nero. Ho guardato poi alla serie di film rumeni dell’epoca e ne ho parlato con l’art director del film Cristian Niculescu. I miei ricordi degli anni ’80 sono quelli di un periodo grigio, a tutti i livelli — costumi, ambientazioni, atteggiamenti — e dato che, da un punto di vista artistico, il film cerca in qualche modo di riprodurre la nostalgia e l’immobilità di quegli anni, era ovvio che ne nascesse un film in bianco e nero.

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