email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

Lois Patiño • Regista

"Il paesaggio è un mistero, qualcosa che ti trascende e non riesci a capire"

di 

- Costa da Morte, lo sguardo di Lois Patiño sul paesaggio (e sull'interiorità dell'uomo), finalmente debutta in Spagna dopo essere stato premiato a Locarno l'anno scorso

Lois Patiño  • Regista

Il regista galiziano Lois Patiño, con una lunga carriera da regista di cortometraggi sperimentali alle spalle, debutta finalmente in Spagna con il suo primo lungometraggio Costa da Morte [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Lois Patiño
scheda film
]
. Dopo essere stato proiettato in quasi 40 paesi, il film gli ha valso il premio come Miglior Regista Emergente al Festival di Locarno l'anno scorso. Cineuropa lo ha intervistato

Cineuropa: Perché ha scelto la Costa da Morte per il suo primo lungometraggio?
Lois Patiño: È stata una decisione semplice. Già prima di scegliere il luogo in cui avrei girato, avevo in mente due idee che volevo esplorare. La prima era quella di ritrarre un paesaggio con un'identità culturale precisa partendo dalla voce collettiva dei suoi abitanti. La seconda era di voler lavorare, a livello formale, con la distanza dell'immagine e la vicinanza del suono. Volevo girare in Galizia e mi è venuto subito in mente questa zona leggendaria, circondata da un'aura tragica per via dei naufragi e del paesaggio apocalittico.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

In Costa da Morte, la voce che si sente da vicino ha lo stesso valore dello sguardo che si perde all'orizzonte. Perché?
Attraverso questa doppia distanza percettiva, volevo dare allo spettatore una nuova esperienza del paesaggio, uno shock che facesse emergere nuove sensazioni. Il suono così vicino del respiro, dei dialoghi e dei passi - in contrasto con i piani lunghi che ritraggono il paesaggio - ha lo scopo di mettere in relazione l'esperienza personale dei personaggi con l'immensità del mondo circostante. È un film contemplativo, incentrato sulle immagini. I suoni, così vicini e simili a quelli dei film d'azione, forniscono all'opera anche una dimensione più fisica: si sentono chiaramente i rumori che fanno i personaggi quando camminano sulla sabbia, toccano le rocce, lottano con il fuoco... Anche in questo caso, esiste quasi una contraddizione tra l'immagine e il suono e, al contempo, una focalizzazione auditiva che si concentra sui dettagli visivi.

Come mai il paesaggio e la sua rappresentazione hanno segnato tutti i suoi film?
Il paesaggio è un mistero, qualcosa che non si riesce a capire completamente, ti trascende. È vivo, ha una sua energia interiore. Cerco di guardare il paesaggio seguendo l'idea di Didi-Huberman che, a mio avviso, è un teorico che sa analizzare magnificamente l'immagine: "Saper guardare un'immagine significa, in un certo senso, essere in grado di individuarne il fulcro ardente. Lì, dove la sua potenziale bellezza ospita 'un segno segreto'. Lì, dove la cenere è ancora calda". Inoltre, mi interessa riflettere sulla rappresentazione del paesaggio nel cinema. E parlo dell'idea di paesaggio, non del territorio, dell'ambiente, della natura, dell'atmosfera e di tutti gli altri concetti correlati. Mi riferisco proprio al paesaggio, il quale presuppone “uno sguardo da lontano” e una ricerca plastica.

Le sue opere non nascono dal cinema mainstream, ma dall'arte sperimentale, alla quale è ancora legato. È finito casualmente a girare film?
Mi interessa un tipo di cinema che vuole esplorare nuove strade. Lavoro anche per gallerie e centri d'arte e, fin dall'inizio, ho cercato di incentrare il mio lavoro su queste due realtà che, secondo me, sono molto simili tra loro. In ogni caso, il cinema che m'interessa di più - e quello che voglio fare - si possono collocare in entrambi gli universi. Credo che il confine che divide il cinema e l'arte contemporanea stia diventando sempre più labile. È proprio in questa zona grigia che si inseriscono i film che mi interessano e che voglio girare.

Tuttavia, il film debutta a livello commerciale (in un modo o nell'altro) in Spagna solo dopo essere stato proiettato in altri 40 paesi...
È sempre un piccolo miracolo quando un film umile e con una proposta narrativa differente arriva agli schermi commerciali che sono tenuti in ostaggio da Hollywood. Per fortuna, esistono ancora alcuni spazi molto entusiastici che credono fermamente che la diversità sia ricchezza. I nostri film non possono competere con le campagne promozionali dei film commerciali, ma siamo molto felici di aver trovato almeno una nicchia, una fessura in cui inserirci. È un piccolo regalo, un punto di atterraggio dopo che il film ha girato così tanti paesi.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dallo spagnolo)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy