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Virgil Widrich • Regista

“Abbiamo creato la magia sul set”

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- Dopo la prima mondiale a Busan e la vittoria di un premio del pubblico, Virgil Widrich ha presentato The Night of a 1000 Hours nella competizione internazionale del 32mo Festival di Varsavia

Virgil Widrich • Regista

Night of a 1000 Hours [+leggi anche:
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intervista: Virgil Widrich
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è il terzo lavoro cinematografico del regista, sceneggiatore e artista multimediale Virgil Widrich, che segue innumerevoli corti sperimentali, animati e documentari realizzati in più di 30 anni di carriera. In un certo senso, il film stesso è uno stravagante esperimento, in quanto impiega una scenografia innovativa, l'uso di retro proiezioni per creare una surreale magione d'epoca. Cineuropa ha parlato con il regista prima che il film fosse proiettato al 32° Festival di Varsavia.

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Cineuropa: Come ha sviluppato l'idea per questo film?
Virgil Widrich:
La prima idea che ho avuto era qualcosa sul genere Giorno del Giudizio della Bibbia – con tutti i morti che un giorno resuscitano per essere giudicati. Non credo in un tale giudizio su nessuno, ma mi interessava la situazione di un ritorno generale. All'improvviso, non ci sono più segreti, perché chiunque abbia vissuto una certa situazione è tornato. Ci ho pensato per qualche anno e non riuscivo a trovare una soluzione, perché è un'idea davvero grande. Poi ho realizzato che tutti abbiamo due genitori, quattro nonni, otto bisnonni, e così via nell'albero genealogico. Oltre 20 generazioni, abbiamo 1,000,000 di antenati. Perché non mettere tutte queste persone in una famiglia, e perché non relegarli tutti in una casa? Per cui abbiamo una famiglia e una casa e questi ricevono visite, membri della famiglia indesiderati, solo che sono tutti morti. Non ci sono fantasmi – solo familiari che ti danno sui nervi, ma che non se ne vanno mai di casa. Uno dei personaggi scompare e questo aggiunge un tocco di mistero alla trama. Poi c'è una storia d'amore tra un uomo di oggi e una donna del passato, che mi ricorda La donna che visse due volte, un film che mi piace davvero molto. 

Può parlarci della scenografia?
Stavamo discutendo di come realizzare la casa, e in precedenza avevo lavorato nella produzione di un musical a teatro in Lussemburgo, per il quale usavamo retro proiezioni sul palco. Tutto era proiettato da dietro, su tre schermi. Era un effetto bellissimo e abbastanza semplice da ottenere. Quindi mi sono detto perché non farlo nella casa dove è ambientato il film? E' una storia surreale, perché costruire una casa e poi illuminarla in modo che risulti strana, perché non renderla strana fin dall'inizio? Quindi, assieme a Christina Schaffer, abbiamo progettato una casa in digitale. Questo tipo di scenografia è nuovo– è stato inventato apposta per questo film. Christian Berger, il nostro direttore della fotografia, ha dovuto lavorare duramente sull'illuminazione, perché è davvero complicato illuminare gli attori senza illuminare i muri o indirizzare indirettamente la luce sugli schermi. Nella scena con i corpi, la maggior parte di questi erano proiettati, e solo quelli in prima linea erano veri. Li abbiamo usati per ottenere un effetto fantastico – le cose sembrano reali, ma sono in qualche modo sbagliate, i colori sono diversi dalla realtà. Quindi abbiamo creato una magia sul set.

Volevo creare degli stili precisi per i diversi periodi, per cui mi servivano vestiti iconici e colori facilmente distinguibili. Ogni personaggio ha il proprio colore, e non si cambiano. Gli unici che lo fanno sono Philip, quando indossa una camicia nuova, e il padre, che si veste per il partito nazista.

Come ha deciso di inserire l'elemento nazista?
Èinevitabile. In un certo senso, non puoi raccontare una storia come questa senza toccare il periodo nazista. Credo sia qualcosa che fosse molto comune. Non credo che tutti fossero i peggiori macellai delle SS, quella è una cosa molto rara, ma che fossero più che altro persone comuni che sfruttavano il sistema dell'epoca, e il potere che avevano, per un vantaggio economico o di affari.

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(Tradotto dall'inglese)

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