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Dimitra Karya • Direttrice della Selezione della Cinéfondation

“Trovare nuove scuole che non sono mai state rappresentate da Cinéfondation”

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- Dimitra Karya, direttrice della Selezione della Cinéfondation parla delle sue scelte e delle prospettive che il contesto di Cannes offre ai registi in erba

Dimitra Karya • Direttrice della Selezione della Cinéfondation

La presigiosa selezione della Cinéfondation è una sezione della Selezione Ufficiale del Festival di Cannes, specializzata nei film prodotti dalle scuole. Dimitra Karya parla delle sue scelte e delle prospettive che il contesto di Cannes offre ai registi in erba.

Cinergie: Al momento della selezione, mirate a presentare un’ampia varietà di generi e di Paesi di tutto il mondo?
Dimitra Karya: 
Assolutamente. Bisogna tenerlo a mente: vi devono essere generi diversi, Paesi diversi e per la Cinéfondation c’è un altro criterio: scuole diverse. Ogni anno stipulo accordi con nuove scuole che non sono mai state rappresentate da Cinéfondation e la prova è che quest’anno abbiamo 7 nuove scuole e un Paese che non aveva mai partecipato: è la prima volta che una scuola venezuelana viene selezionata [l’Universidad de Los Andes]. Cerchiamo di fare tutto questo e in più c’è la parità di genere. Mantenere un equilibro uomo/donna. Questo impone dei vincoli e non è facile, ma sono i vincoli di tutte le programmazioni.

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Come entrate in contatto con le nuove scuole?
Siamo abbastanza conosciuti da non dover fare visite a domicilio. All’inizio, quando la Cinéfondation è stata creata [nel 1998], dovevamo essere noi a fare un passo verso le scuole: il mio predecessore Laurent Jacob ha viaggiato molto per far conoscere la Cinéfondation. È andato ai festival, ha selezionato i migliori film degli studenti tra quelli che trovava ed è riuscito a convincere le scuole a mostrargli il maggior numero di opere possibili. La prima edizione della Cinéfondation contava una programmazione di 15 cortometraggi di cui 3 della National Film and Télévision School. La scelta era limitata ed era difficile avere diversità tra i film proposti dalle scuole. Oggi la nostra selezione è ben nota nel mondo dei festival e dei film prodotti dagli studenti, quindi riceviamo di tutto. Ci sono stati proposti 2300 film quest’anno e la cosa positiva è che molti provenivano da scuole che non avevano mai partecipato. Dopo di che, non resta che selezionare i migliori.

Parlando di selezione, quanti siete nel comitato?
Non c’è un comitato di selezione. Io guardo tutti i film. È un duro lavoro ma è molto interessante! È una questione di abitudine; la cosa più dura è avere a che fare con dei film di basso livello, ce ne sono molti.  Ma quando se ne trova uno valido, come quello di Alexandre, è una soddisfazione immediata e ci si sente ripagati.

E per quanto riguarda la giuria della Cinéfondation, i fratelli Dardenne ne sono già stati presidenti: Luc nel 2000 e Jean-Pierre nel 2012. Quest’anno la giuria è presieduta da Naomi Kawase. Come decidete?
Vengono fatte delle proposte. Poi sono gli organizzatori del festival a fare gli inviti. Noi scegliamo preferibilmente dei registi o degli attori. Quest’anno trovo che la giuria sia molto valida [presieduta da Naomi Kawase e composta da Marie-Josée CrozeJean-Marie LarrieuRadu Muntean e Santiago Loza], su Naomi Kawase... che altro c’è da aggiungere? Ma i giurati hanno svolto un lavoro formidabile, hanno discusso dei film come si deve.

Hanno avuto l’occasione di incontrare i registi per discutere dei loro film? Perché non si sono dilungati in spiegazioni al momento della consegna dei premi.
È vero. Ma c’è stata una conferenza stampa dopo la premiazione, durante la quale hanno parlato in modo più confidenziale coi registi che non erano stati premiati ma di cui avevano apprezzato il lavoro. Quest’anno la giura non si è risparmiata. Naomi Kawase ha incontrato i registi durante degli shooting fotografici con i vincitori.

I film scelti dalla Cinéfondation sono presentati in più programmazioni durante il Festival di Cannes. Come componete dei programmi così diversi?
Sì, ci sono 4 programmazioni della durata di un’ora e mezza. È come il montaggio, i film si susseguono, i più lunghi alla fine. Li penso affinché il film precedente non possa danneggiare quello che segue. È un lungo lavoro, bisogna guardarli, riguardarli e vedere come è la sequenza se si vuole farlo bene. A questo punto non è più una questione di Paese ma di film. Preferibilmente cerco di mettere l’uno di seguito all'altro film con vedute diverse fra loro, ma non è sempre possibile farlo. La coerenza è più inerente ai film stessi.

Leggi l’intervista completa in francese su Cinergie.

In collaborazione con

 

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(Tradotto dal francese)

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