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Bruno Dumont • Regista

"Il vero cinema d’autore è quello che ci fa incontrare l’altro"

di 

- Bruno Dumont parla a Cineuropa della diversità delle culture, del male e del suo nuovo film Jeannette, l'enfance de Jeanne d'Arc, una commedia musicale sull’infanzia di Giovanna d’Arco

Bruno Dumont  • Regista
(© Doha Film Institute)

AGGIORNAMENTO (24 maggio 2017): Il film è stato proiettato alla 49° Quinzaine des Réalisateurs del 70° Festival di Cannes.

In occasione del Qumra del Doha Film Institute, il regista francese Bruno Dumont ci ha raccontato del suo nuovo film appena terminato, Jeannette, l'enfance de Jeanne d'Arc [+leggi anche:
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. Una commedia musicale sull’infanzia di Giovanna d’Arco che avrà una versione per la TV (diffusa da Arte) e una versione cinematografica. Per Arte, Dumont girerà anche quest’estate la seconda stagione della serie di successo P’tit Quinquin [+leggi anche:
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, intitolata Coincoin et les z’inhumains, che descriverà l’incontro tra il giovane eroe della storia con alcuni extraterrestri giunti a invadere il nord della Francia. 

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Cineuropa: Può parlarci un po’ di Jeannette, l'enfance de Jeanne d'Arc?
Bruno Dumont:
Si tratta di un film tratto dall’opera teatrale di Charles Péguy e racconta la storia di Giovanna d’Arco dalla sua infanzia fino alla condanna al rogo. Io mi sono concentrato unicamente sul periodo dell’infanzia. La maggior parte dei film mostrano la Giovanna d’Arco adulta, mentre a me interessava la Giovanna d’Arco bambina: capire come qualcuno che sorvegliava le pecore, che conduceva una vita semplice ed era molto sensibile alle miserie del mondo, al tema della dannazione, che si poneva delle domande teologiche, ad un tratto possa essere diventato il braccio armato di Dio, incaricato di cacciare via i cattivi, che all’epoca erano gli inglesi. Per farlo, ho scelto di dirigere una commedia musicale, integralmente cantata e con pochi dialoghi. Ho chiesto a Igorrr, un compositore di musica elettronica, di creare la colonna sonora, che è molto moderna, molto post-rock e anche un po’ metal. Il coreografo Philippe Decouflé ha curato le parti danzate. È una nuova forma di cinema nella quale non mi ero mai cimentato. Ho girato questo musical con il suono in presa diretta. Di solito, questo genere di film si gira in playback, ma io volevo che fosse cantato veramente. Inoltre, è interpretato interamente da attori non professionisti.   

È la prima volta che partecipa a Qumra. Che cosa l’ha attirata qui?
Prima di tutto, mi sono sempre sentito attratto da ciò che è lontano. Mi destabilizza, è un’esperienza fisica forte e qualcosa che impressiona. Bisogna viaggiare per relativizzare i nostri pensieri, per conoscere l’altro, per guardarlo e comprenderne le opinioni. L’altro ci mostra una diversa maniera di vedere e di fare. È un brusco risveglio quello di chi smette di essere arrogante e di pensare che l’Occidente rappresenti la sola cultura. 

Giustamente, lei ha già mostrato nei suoi film una connessione tra Occidente e mondo arabo (Flanders [+leggi anche:
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, Hadewijch [+leggi anche:
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). Cosa le interessa di questo argomento?
Io sono francese, e ciò che mi interessa è analizzare l’ambiente in cui vivo. Il mio lavoro di cineasta è quello di realizzare dei film francesi e di parlare come meglio posso della civiltà francese. E questa società ha un rapporto con il mondo musulmano, in particolare per via del suo passato coloniale che la lega a quei paesi. La questione emerge spesso nel dibattito politico: fa parte della nostra vita. Dal momento che spesso mi interessa affrontare la questione del male, bisogna incarnarne il concetto. Il problema, è sempre l’altro! Ogni paese ha il suo nemico. Siamo fatti così, abbiamo bisogno di un nemico. Io cerco di raccontare delle piccole storie, assolutamente localizzate, di piccoli individui. Non faccio riflessioni geopolitiche. Non posso tracciare un quadro generale, in quanto questo non esiste. Ma il cinema è un mezzo eccezionale di penetrare nella cultura di qualcuno. Vediamo come le persone vivono in tutti gli altri paesi del mondo, quali sono le loro vicende intime, la vita, l’amore, il sesso, la morte… Il vero cinema d’autore è quello che ci fa incontrare l’altro. 

Nei suoi film, lei parla del male. Viviamo in un’epoca in cui questo sembra rafforzarsi ovunque (nella politica, nell’odio sociale…)
Non ce n’è molto più che in passato. Piuttosto, le forme del male sono nuove. Dai tempi di Sofocle, è sempre la stessa storia che si ripete. Il furto, le menzogne, l’incesto, l’assassinio, l’amore…Non stiamo inventando nulla. Il problema è sempre l’altro, perché non è come noi, perché vuole rubarci le terre e le donne. Siamo così, siamo dei guerrieri, fa parte della nostra natura di uomini. 

È un argomento che si trova anche in Jeannette, l'enfance de Jeanne d'Arc?
Sì, certo. Giovanna d’Arco è come tutti coloro che entrano in guerra nel nome di Dio. È una ragazza francese, rimasta vergine, che finisce per diventare allo stesso tempo una santa e una guerriera. Per i francesi, Giovanna d’Arco è difficile da inquadrare: è una fanatica cattolica o al contrario una donna del popolo…Ma lei descrive molto quello che i francesi stessi penano a distinguere: la propria identità.

Lei ha certamente un profilo mistico, ma dice qualcosa della Francia. Parlare di Giovanna d’Arco, equivale a parlare della Francia! 

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(Tradotto dal francese)

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