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Dagur Kári • Regista

“Giro una storia di gelosia all'interno di una coppia”

di 

- L'islandese Dagur Kári, regista di Virgin Mountain, è ospite del Bergamo Film Meeting 2017

Dagur Kári  • Regista
(© Bergamo Film Meeting)

Dopo l'acclamato Virgin Mountain [+leggi anche:
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, presentato alla Berlinale 2015, tre premi al Tribeca e il Nordic Council Film Prize, l'islandese Dagur Kári girerà in Danimarca una storia di gelosia all'interno di una coppia. "Nelle prossime settimane interrompo l'insegnamento alla National Film School di Copenhagen per concentrarmi sulla scrittura della sceneggiatura del mio nuovo progetto danese" ha rivelato a Cineuropa durante il Bergamo Film Meeting 2017 che gli dedica un focus nella sezione Europe Now!. Tra i suoi progetti a breve termine anche una serie tv in Danimarca. 

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Cineuropa: A quasi quindici anni di distanza dall'eccezionale esordio di Noi Albinoi, puoi dire cosa rendeva speciale quel film?
Dagur Kári: Credo che quello che rende speciale quel film e tutti i film in generale sono le idee che ne stanno alla base, in questo caso il protagonista, sul quale avevo cominciato a fantasticare al liceo, prima ancora di sapere che sarei diventato regista. Era un mio alter-ego, il mio contro-ego, attraverso questo personaggio riuscivo ad esplicitare le mie fantasie, le cose che sognavo ma non osavo fare. Alla fine della scuola di cinema mi sono reso conto che avevo raccolto moltissimo materiale intorno ad uno stesso personaggio e quindi non ho iniziato con una serie di cortometraggi o un film di animazione ma ho sviluppato quelle idee che provenivano da un luogo molto puro e innocente, che risalivano agli anni in cui non pensavo ancora al cinema. Le opere prime sono sempre interessanti nella carriera di un regista perché usi tutta la ricchezza dell'esperienza accumulata negli anni. E credo che l'imperfezione sia una qualità, perché emoziona, mentre la perfezione rischia di essere fredda.

La lingua è un ostacolo alla circolazione dei film europei ma allo stesso tempo una ricchezza dal punto di vista culturale. Tu hai girato in islandese, poi in danese, quindi in inglese, per tornare all'islandese con Virgin Mountain, mantenendo sempre la tua identità di autore.
Dipende dal regista, per me questo percorso è stato una coincidenza. Il secondo film, Dark Horse [+leggi anche:
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, in danese, è stato una proposta che mi è stata offerta, mentre sapevo fin dall'inizio che The Good Heart [+leggi anche:
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 lo avrei girato in inglese. Mi interessa che un film sia recitato in una lingua diversa, perché delle lingue mi piacciono le sfumature del suono. Paradossalmente per me è più facile girare un film in inglese o in danese perché mi permette di adottare un punto di vista di un outsider. E' liberatorio e fonte di energia. Se percorri la stessa strada ogni giorno, smetti di notare l'ambiente che ti circonda. Un regista mantiene comunque il suo tocco personale, l'importante è non ripetersi mai.

Con Baltasar Kormákur, che ha prodotto Virgin Mountain, avete mai parlato delle possibilità di andare a Hollywood?
La sua carriera è un risultato straordinario, perché la gente non immagina lo sforzo necessario per lavorare in una realtà come quella di Hollywood, devi essere un toro che va avanti a testa bassa. Io non sarei capace di sostenere ottanta riunioni alla settimana e aspettare quattro anni per fare un film. Posso esplorare soltanto il mio universo e soltanto in una certa chiave. Non sono incline agli action movies, la mia tavolozza di colori non è illimitata. 

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