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Darielle Tillon

A la vitesse d'un cheval au galop

di 

- La regista ha presentato il suo nuovo film, una storia dolente su 4 giovani prossimi a passare alla vita adulta

Tra le proiezioni di film francesi al festival di Pesaro, c'è quella del mediometraggio A la vitesse d'un cheval au galop della regista Darielle Tillon, accompagnata qui al festival dall'attrice Jeanne Delavenay protagonista di questo dolente film sull'età incerta di quattro giovani prossimi a passare alla vita adulta. Tillon dopo aver studiato Belle Arti, è giunta con questo mediometraggio alla sua opera seconda. In precedenza, aveva debuttato alla regia con un cortometraggio d'animazione, Joyeux anniversaire. Durante il consueto appuntamento con la stampa, Tillon ha spiegato il suo lavoro, puntualizzando che il suo non vuole essere un film pessimista sul destino della attuale gioventù.

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Quale origine ha la storia del suo film e perché ha preferito l'insolita durata di 45 minuti?
"L'idea è nata da alcune suggestioni personali. Un giorno mi è capitato di fare una passeggiata in un bosco nonostante in precedenza fossi stata avvertita che sarebbe stato possibile incontrare degli orsi lungo il percorso. La sensazione del rischio e al contempo la spregiudicatezza dell'affrontarlo comunque, mi hanno dato lo spunto per realizzare un cortometraggio con protagonisti quattro ragazzi che non si curano più di tanto del pericolo di una passeggiata in riva al mare con la bassa marea. Si attardano quasi consapevolmente e rischiano di essere travolti dal ritorno delle acque o di venire risucchiati dalle sabbie mobili. Mi sono resa conto che quando lo stavo progettando i temi si ampliavano sempre di più. Volevo rappresentare la disperazione dei protagonisti alle prese con un passaggio importante della loro esistenza: il diventare adulti. Un cambiamento che necessitava di una narrazione lenta e perciò dall'idea iniziale del formato breve sono passata a quella del mediometraggio".

La sensazione è che il suo film sia la metafora di una gioventù in conflitto con il mondo.
"Il mio film non vuole proporre in alcun modo la rappresentazione esemplare dell'intera gioventù. I ragazzi protagonisti del mediometraggio sono in una fase di passaggio e compiono una sorta di rito iniziatici, ma restano pur sempre quattro individui con la loro storia personale. La passeggiata durante la bassa marea e il loro perdersi, rischiando di esser travolti dal ritorno delle acque, è un espediente narrativo che allude ad un pericolo concreto e non simbolico. Non era mia intenzione esprimere un punto di vista universale e pessimista sulla gioventù. I temi centrali sono il tempo che passa inesorabilmente e la disperazione di quattro giovani che nonostante tutto continuano a camminare e sembrano alla fine potercela fare. Forse tra dieci anni cambierò idea. Ad ogni modo, il fatto che a questa pellicola siano date interpretazioni diverse non può che farmi piacere".

E' stato difficile produrlo e distribuirlo, dato anche che si tratta di un mediometraggio?
"Per quanto riguarda la produzione, sono stata agevolata dal fatto che con il precedente cortometraggio avevo vinto alcuni premi. Dunque, non ho avuto difficoltà a trovare i soldi per realizzare il mio progetto. La distribuzione è una questione più complessa, tuttavia non posso lamentarmi. In Francia è orami una consuetudine realizzare mediometraggi e pur essendo previsti pochi passaggi in sala, resta il fatto che vengono regolarmente proiettati. Anche il mio A la vitesse d'un cheval au galop ha ricevuto lo stesso trattamento: è uscito in sala per qualche giorno e così la critica e il pubblico hanno conosciuto il mio lavoro".

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