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CANNES 2019 Concorso

Justine Triet • Regista di Sibyl

"Mi piace ridere di cose oscure e tragiche che a volte capitano anche nella vita"

di 

- CANNES 2019: Abbiamo parlato con la regista francese Justine Triet per sapere di più del suo titolo di concorso, la dramedy Sibyl

Justine Triet  • Regista di Sibyl
(© Yann Rabanier)

C'è un po’ di dramma, un po’ di commedia buffa, una buona dose di thriller psicologico e una sbirciatina sincera nel mondo talvolta “più strano della finzione” della produzione cinematografica in Sibyl [+leggi anche:
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, il terzo lungometraggio della francese Justine Triet, presentato in concorso al Festival di Cannes 2019. Abbiamo parlato con la regista degli aspetti più o meno caotici del cinema e del suo universo a volte difficile da decifrare.

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Cineuropa: Una parte significativa della storia di Sibyl si svolge su un set cinematografico, sull'isola di Stromboli, dove si dispiega ogni sorta di follia. Su una scala tra il realistico e l’assurdo, come direbbe che è raffigurato questo set?
Justine Triet: Ammetto di aver esagerato – a quel punto del film, le cose dovevano esplodere sia metaforicamente che nella realtà – e ovviamente con quella location così significativa, il nostro obiettivo era renderlo particolarmente esplosivo. Allo stesso tempo, però, ci sono sempre uno o due giorni su un set in cui le cose vanno fuori controllo. 

Quindi potrebbe esserci davvero un momento o due presi dalla sua esperienza personale, come qualche emozione sul punto di esplodere?
Molto probabilmente... Ma bisogna arrivare alla fine, no? Cerco di contenere le mie emozioni più di quanto non faccia la regista nel film, per fortuna. Ma certo, ci sono momenti folli sul set – incredibilmente folli, anche.

Gioca anche con le nozioni di lingua e confusione linguistica in questo film, con una regista tedesca, star francesi, una troupe italiana... Un bel pezzo di comunicazione in stile “europudding”, o forse di non comunicazione?
Sì, bisognava pensare a come tutti avrebbero potuto comunicare fra loro e fare in modo che avesse un senso. Per lo più comunicano in inglese, una lingua che nessuno ha come lingua madre. Sandra Hüller, che interpreta la regista, ha portato l'idea che a volte parlava francese e improvvisamente diceva qualcosa in tedesco, a random. È diventato abbastanza interessante, divertente e caotico. La nostra situazione linguistica in Europa è piuttosto caotica, non?

Il film realizzato a Stromboli si chiama Never Talk to Strangers, un dramma mortalmente serio, lontano dal suo stile, che sembra adattarsi all'ibrido tra dramma e commedia denominato "dramedy" – un'etichetta che le è stata già attribuita per i suoi film precedenti La Bataille de Solférino [+leggi anche:
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, e che sicuramente si adatta al progetto di Sibyl.
In realtà è il tipo di cinema a cui sono più interessata, sia come cineasta che come spettatrice. Sono sempre alla ricerca di situazioni che vanno fuori equilibrio, con alcuni personaggi seri e altri divertenti, e anche alcuni tragici – mi piace mettere tutto insieme.

La dramedy a volte è un po' difficile da spiegare perché la gente vuole mettere le cose in una casella, che sia commedia o dramma, ma questo tipo di format lo stiamo vedendo in serie come Girls, che ha funzionato molto bene. Poi, naturalmente, ci sono persone come James L. Brooks con Terms of Endearment o As Good as It Gets, che per me è l'inventore di questo tono insolito che può davvero alimentare sia il dramma che la commedia, e anche la tragedia – come la vita, davvero. Mi piace essere scossa quando vedo un film; mi piace ridere di cose oscure e tragiche che a volte accadono anche nella vita, come quando qualcuno scoppia in una risata a un funerale. E penso che, a poco a poco, vedremo questo come un genere a sé stante. C'è anche Toni Erdmann [+leggi anche:
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, che adoro, e che ha avuto un ruolo importante nell’ingaggiare Sandra Hüller per questo film.

Ha anche citato Woody Allen come ispirazione, e considerando gli elementi psicologici del thriller, potrebbero esserci anche Chabrol, Polanski o Hitchcock tra i suoi riferimenti del passato, giusto?
Sì, specialmente Hitchcock. Probabilmente, è stato lui l’inizio di tutto per me; guardavo i suoi film a casa di mia nonna all'età di otto anni. Ha fatto sì che mi appassionassi al cinema. E adoro anche Polanski e Chabrol.

Se potesse descriversi come autrice, quali sono i comuni denominatori nei suoi film finora?
Sento di averne alcuni. Sto guardando a donne che cercano di tenere insieme le cose, che cercano di capire qual è il loro destino e chi sono. Sto cercando i loro piccoli difetti e i modi in cui vacillano.

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(Tradotto dall'inglese)

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