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TRANSILVANIA 2019

Burak Çevik • Regista di Belonging

"Stavo cercando di scoprire qualcosa che solo il cinema può"

di 

- Abbiamo parlato con il regista turco Burak Çevik del suo secondo film, Belonging, proiettato in Transilvania e ispirato a fatti realmente accaduti

Burak Çevik  • Regista di Belonging
(© Edze Ali)

Nel suo secondo lungometraggio, Belonging [+leggi anche:
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intervista: Burak Çevik
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, presentato nel concorso ufficiale del Transilvania International Film Festival, Burak Çevik descrive l'omicidio di sua nonna, architettato 15 anni fa da sua zia e dal suo compagno. Raccontato prima attraverso la cruda testimonianza di un assassino, il film si trasforma poi in un racconto immaginario di un tenero incontro che assume rapidamente un gusto amaro.

Cineuropa: In Belonging, ha deciso di narrare la tragica storia della sua famiglia. Ricorda davvero quegli avvenimenti?
Burak Çevik: Avevo dieci anni all’epoca, ma ricordo molte cose. È una storia personale, ma per lungo tempo, non l’ho percepita come la mia storia. Ogni famiglia ha vissuto un qualche tipo di tragedia ed ero convinto che quell’avvenimento non mi avesse toccato affatto. Poi, due anni fa, ho ricevuto le relazioni d’inchiesta e ho capito che gran parte dei luoghi in cui gli eventi sono accaduti sono legati in qualche modo alla mia infanzia. Sono ritornato a casa di mia nonna per la prima volta dopo anni e semplicemente non riuscivo ad andare al piano di sopra. È in quel momento che ho deciso di girare questo film.

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All’inizio, ascoltiamo la testimonianza del compagno di sua zia, ma non la sua. Perché?
Quando ho iniziato a scrivere, ho avvertito un avvicinamento a mia zia. Nella seconda parte del film, un po’ romanzata, ci ho messo molti dei nostri ricordi condivisi – volevo che quella voce maschile compensasse il tutto. Lui ha commesso l’omicidio e noi lo ripercorriamo con lui, in un certo senso.

L’unica cosa che sappiamo concretamente di quella notte è che si sono incontrati, hanno fatto sesso e hanno chiacchierato. Questo è quanto. Ho parlato a mia madre della decisione di girare il film, ma non ho ottenuto il permesso da parte di mia zia o del suo compagno. Quando il film era in proiezione a New York, alcune persone mi hanno chiesto cosa è successo dopo e se mia zia fosse ancora in prigione. Io non ho risposto. Credo che questa storia appartenga a me proprio come appartiene a mia zia, ma ho ancora il dovere di rispettare la sua privacy.

È come se avesse girato due film separati e li avesse uniti insieme. A un certo punto, il suo personaggio dice: “È una benedizione non sapere cosa succederà dopo”. Ma grazie a questa struttura, noi sappiamo cosa accadrà.
C’è una differenza tra ciò che il pubblico sa e ciò che vede. È al corrente di ciò che accadrà, tuttavia si trova di fronte a un tenero incontro. Quindi, quali sono le loro reazioni? Un mio amico mi ha detto che nella prima parte, mia zia e il suo compagno risultano essere due assassini a sangue freddo, mentre nella seconda parte, queste sono le reazioni: “Oh, quanto sono dolci!”. In tal modo, il pubblico non può essere eccessivamente moralista. Non sa quali reazioni avere in questo caso. E, per di più, ho sempre voluto girare un film romantico, ambientato nel corso di una notte con due persone che chiacchierano.

Sei anni fa, ho fondato un cineforum a Istanbul e ho iniziato a proiettare film di Stan Brakhage e Jonas Mekas. Ho cominciato a riflettere su ciò che il cinema può essere, è una domanda semplice, ma è difficile trovare una risposta. Mi chiedevo come potessi giocare con la struttura dello storytelling. Molte persone mi dicono che dopo aver visto il mio film, sono alla ricerca disperata di una qualche forma di indizio. Io non ne svelo nessuno perché nemmeno io sono sicuro del perché l’abbiano fatto. Mia zia ha cercato di commettere una cosa simile con i suoi partner precedenti, quindi era inevitabilmente presente un rapporto di amore-odio tra madre e figlia. Ma nessuno conosce davvero la realtà dei fatti. Questo è probabilmente il motivo per cui ho strutturato il film in questo modo.

Nella seconda parte, perché ha deciso di concentrarsi solo su questo primo incontro? E non sull’omicidio?
Questa prima notte mi è bastata, forse perché non ero particolarmente interessato alla vicenda in sé – stavo cercando di scoprire qualcosa che solo il cinema può. Queste due persone solitarie che cercano di sopravvivere in questo paese e in questa famiglia. Cercano di trovare una connessione tra loro, ma non sono sicuri di potersi fidare l’uno dell’altra. È qualcosa che avverto anch’io e mi dispiace un po’ per questo uomo. È l’assassino di mia nonna, ma è imprigionato dall’amore e non riesce a uscirne. Io penso che credesse davvero in qualcosa, ma non sono certo che lo stesso valga per mia zia. Quando leggo la sua testimonianza e menziona questo senso di “belonging”, di “appartenenza”, ti fa sentire così potente. Ma a chi appartengono davvero questi personaggi? Si appartengono l’un l’altro o è tutto un gioco?

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(Tradotto dall'inglese da Umberta Antonacci)

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