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Pamela Tola • Regista di Ladies of Steel

"Ho costretto me stessa ad affrontare le mie paure"

di 

- Cineuropa ha parlato con una delle attrici più famose della Finlandia del suo secondo lungometraggio da regista, Ladies of Steel, attualmente in produzione

Pamela Tola • Regista di Ladies of Steel
Pamela Tola sul set di Ladies of Steel

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, la cui uscita nelle sale è prevista per gennaio, l’attrice finlandese Pamela Tola – conosciuta per i ruoli interpretati in Lapland Odyssey o Beauty and the Bastard [+leggi anche:
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racconta una storia su tutte quelle signore avanti con gli anni che rifiutano di lasciarsi definire dalla propria età. Si parlerà di donne come Inkeri, una signora sulla settantina che, pur convinta di aver ucciso accidentalmente suo marito, decide comunque di intraprendere un viaggio in strada insieme alle sue due sorelle. La commedia di Tola, che segue a ruota il film Swingers, uscito nelle sale l’anno scorso e che è incentrata sul modo in cui quattro coppie affrontano le proprie paure durante un avventuroso fine settimana, rappresenta la sua seconda prova in qualità di regista. Il film è prodotto da Helsinki Filmi.

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Cineuropa: Che cosa l’ha spinta a parlare di questo tema? La sinossi del film, già da sola, suggerisce che si tratta di una storia estremamente contemporanea, che riflette le recenti discussioni sul movimento #MeToo e sui complessi ritratti della figura femminile.
Pamela Tola: Ho iniziato a scrivere la sceneggiatura e a pianificare il film sette anni fa. Il tema è molto attuale ed è davvero fantastico che questo progetto sia stato finalmente finanziato e che questi meravigliosi attori abbiano avuto l’opportunità di recitare insieme in questa storia. Generalmente invecchiare porta con sé una serie di paure, quindi questo progetto, per quanto mi riguarda, ha costretto anche me a rifletterci su. Ho obbligato me stessa ad affrontare le mie stesse paure e ho dovuto scoprire che cosa passi per la mente di persone più vecchie di me. Questi attori, in particolare le tre protagoniste, mi hanno insegnato che, nel profondo, rimaniamo sempre gli stessi. Siamo sempre quei giovani ragazzi o ragazze che eravamo prima, quella parte di noi non ci abbandona mai e le persone non si sentono mai “così vecchie”. L’aspetto esteriore cambia molto di più di quello interiore.

Tuttavia, è proprio il diverso aspetto esteriore il motivo per cui gli altri li trattano in maniera diversa.
È proprio questo l’aspetto che mi intriga di più. Ovviamente, le persone più anziane maturano e imparano a gestire il comportamento altrui, ma, sulla base di quanto ho capito, loro continuano a sentirsi legati a ciò che erano in gioventù. Ho anche provato un po’ di tristezza per il destino di molti cittadini più avanti con gli anni. Non vengono più considerati una parte attiva della società e tutta l’esperienza e la saggezza che hanno accumulato nel tempo rimane del tutto ignorata. È orribile pensare che alcune persone non aspettino altro che la morte. Penso che oggi per molti sia la vecchiaia che la morte siano diventati concetti estranei, perché, nella nostra vita di tutti i giorni, non ci toccano particolarmente. Questo succede anche se la morte, perlomeno quella per cause naturali, dovrebbe essere per noi un fatto normale, naturale così come la nascita. I temi di questo film, come la necessità di ritrovare se stessi, di dare ascolto alla propria coscienza, il seguire i propri sogni e l’assumersi la responsabilità per la propria vita, si applicano a tutti noi, dal bambino fino all’anziano, quindi la pellicola non è pensata solo per un pubblico più maturo. Cerco di raccontare questa storia per dare anche ai giovani la possibilità di trovare qualcosa di interessante nella vecchiaia, qualcosa con cui possano identificarsi. Tuttavia, per scongiurare ogni dubbio ci tengo a dire: non è un film per bambini. Voglio dipingere le persone più anziane, soprattutto le signore, come individui attivi, che possono ancora cambiare qualcosa nella loro vita.

Visto che anche in Swingers, il primo lungometraggio che ha diretto, era riconoscibile un pungente tocco di comicità, secondo lei, perché si sente così a suo agio con il genere della commedia?
Per me, la linea di demarcazione tra la commedia e la tragedia è molto sottile. Mi piace girare pellicole che trattano temi seri e drammatici, ma li presento in modo tale che gli spettatori possano ridere, se quanto vedono li diverte. Alcune volte è molto più semplice per qualcuno servirsi della commedia per discutere di qualcosa che è davvero orribile. Io stessa ci sono passata: le risate e l’umorismo nero mi hanno aiutato ad affrontare anche alcuni momenti difficili.

Come sta cercando di prendere questo umorismo nero e farlo suo? Mi chiedo se la sua esperienza da attrice le sia stata d’aiuto in qualche modo.
L’umorismo nero è quello che mi fa ridere. Con “umorismo nero” io mi riferisco a tutti quegli esseri umani in carne e ossa che cercano di sopravvivere anche nelle situazioni più disperate. È proprio questo il concetto che ho implementato anche in questa storia. Ho ricevuto una formazione da attrice e ho lavorato come tale e credo sia questo il motivo per cui per me è fondamentale che i personaggi abbiano più sfaccettature e che risultino interessanti, così come le persone normali. Nella vita di tutti i giorni, tutti usiamo diverse espressioni facciali. Uno dei miei obiettivi è sfatare gli stereotipi e non dare tanta importanza al genere nella mia descrizione delle persone. Tutti noi abbiamo tanti aspetti diversi che ci caratterizzano e io sto provando a ritrovarli nei miei personaggi, così da farli affrontare faccia a faccia l’uno con l’altro.

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(Tradotto dall'inglese da Emanuele Tranchetti)

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