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LOCARNO 2019 Concorso

Maura Delpero • Regista di Maternal

"L'"hogar" è un amplificatore, è un luogo dove le conseguenze della maternità si manifestano in tutta la loro virulenza"

di 

- La regista italiana Maura Delpero ci parla del suo primo film di finzione, Maternal, in concorso al Locarno Film Festival

Maura Delpero  • Regista di Maternal

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, di Maura Delpero, in concorso al Locarno Film Festival, è ambientato in un “hogar”, una casa di accoglienza per ragazze madri gestita da suore italiane. In questo luogo sconnesso dal fluire del mondo, si intrecciano le vicende di tre donne: Lu e Fati, due madri adolescenti, e Suor Paola, appena arrivata dall'Italia per prendere i voti.

Cineuropa: Da dove nasce l'idea del film?
Maura Delpero:
Ogni mio film nasce da un'esigenza personale, da un'attrazione istintiva per qualcosa che voglio capire meglio, e che mi spinge a iniziare un percorso di ricerca. La maternità è una domanda che si presenta nella vita di una donna, é un evento travolgente che cambia radicalmente la vita, portando con se le difficoltà del muoversi in terreni inesplorati.

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Sono proprio queste difficoltà, psicologiche e sociali, che ho voluto portare a galla con il mio film; le emozioni contrastanti che un'esperienza così intensa e totalizzante può scatenare: la gioia per la nuova vita e, nello stesso tempo, la nostalgia per quella che ci si è lasciati alla spalle.

Perché scegli l’ “hogar” come luogo della tua ricerca?
Perché l’”hogar” è un amplificatore, è un luogo dove le conseguenze della maternità si manifestano in tutta la loro virulenza. Nell’hogar religioso, inoltre, il corto circuito emotivo tra adolescenza e maternità risulta ancora più dirompente attraverso il confronto quotidiano con donne che hanno scelto di non essere madri. L’ “hogar” è anche un luogo immobile, isolato dal mondo esterno, dove le giovani madri si sentono protette ma anche rinchiuse, e questa staticità amplifica ancora di più la tensione interna.

Cosa ha ispirato la sceneggiatura?
La mia esperienza diretta, durata circa 4 anni, in diversi “hogar” argentini, sia laici sia religiosi. Partendo dalla mia professione di insegnante sono entrata in questi luoghi proponendo corsi di formazione per le madri, in questo modo ho evitato di essere percepita come un invadente corpo estraneo riuscendo a farmi accettare dalla comunità. La sceneggiatura è poi nata spontaneamente, ispirata dalla quotidianità che vivevo con le mie “alunne”.

Come mai il passaggio dal film documentario alla finzione?
L’ho vissuto come un percorso naturale e organico, passando da un cinema documentario con venature di finzione, a un film di finzione con un’anima documentaristica. Parto da un luogo reale, come l’ “hogar” per poi avventurarmi nella finzione. Inoltre desideravo fortemente confrontarmi con il lavoro degli attori, da cui, in questa mia prima esperienza, ho tratto grande soddisfazione.

Anche nel selezionare lei attrici si intravede questo doppio registro documentario/finzione, quali sono state le ragioni che ti hanno portata a scegliere due attrici non professioniste, per i ruoli delle ragazze madri, mentre hai optato per una professionista per Suor Paola?
Il personaggio di Suor Paola doveva fare un percorso emotivo complesso e molto delicato, e doveva essere molto credibile, per questo ho ritenuto che la scelta più efficace fosse quella di affidarsi ad un’attrice professionista. Mentre per le giovani madri l’elemento espressivo più importante doveva essere l’incandescenza della loro vita, quell’irrefrenabile esuberanza adolescenziale che volevo cogliere in tutta la sua spontaneità. Ho immaginato il loro accostarsi alla recitazione come un vero e proprio percorso psicoanalitico che, nel caso di Agustina Malale (Lu), l’ha portata a confrontarsi con il suo passato di bambina cresciuta in un “hogar”, e con il suo presente di madre sempre in un “hogar”.

La maternità, la vera protagonista del film, come influisce sui tre personaggi principali?
Le costringe a cambiare, a spostare il proprio baricentro emotivo anche grazie all’interazione tra loro. Quando l’inaffidabile Lu vede concretamente la possibilità di venire separata dalla propria bambina di trasforma in una leonessa a difesa del proprio cucciolo; la responsabile ma anaffettiva Fati scopre la gioia di dare amore grazie alle attenzioni che riceve da Suor Paola; e quest’ultima capisce che l’amore totalizzante, che lei ricerca in Dio, esiste anche sulla terra, ed è l’amore incondizionato che una madre prova per suo figlio.

Nell’ “hogar” la figura maschile è completamente assente, quale è il rapporto dei bambini con la famiglia cristiana modello?
La figura maschile è assente come nella realtà da cui il film prende le mosse. Ma il piccolo Michael ha un ruolo importante nel rassicurare la mamma preoccupata di non potergli garantire una “famiglia modello”. Nel suo piccolo è capace di uno sguardo nuovo e senza pregiudizi: quando c’è l’amore quella, a suo modo, è già una famiglia modello.

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