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VENEZIA 2019 Settimana Internazionale della Critica

Ascanio Petrini • Regista di Tony Driver

“Quando ho incontrato Pasquale, mi è parso di seguire un flusso”

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- VENEZIA 2019: Cineuropa ha conversato con Ascanio Petrini, regista di Tony Driver, unico titolo italiano presentato alla Settimana Internazionale della Critica

Ascanio Petrini  • Regista di Tony Driver

Abbiamo intervistato Ascanio Petrini, regista barese nonché ex allievo del DAMS di Bologna e dell'Accademia di Cinema e Televisione Griffith di Roma, il quale ha presentato il suo lungometraggio Tony Driver [+leggi anche:
recensione
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intervista: Ascanio Petrini
scheda film
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nel corso della Settimana Internazionale della Critica a Venezia.

Cineuropa: Perché ha deciso di raccontare la storia di Pasquale Donatone? Com'è nato il progetto?
Ascanio Petrini: Quando ho incontrato Pasquale, avevo appena terminato una masterclass in sceneggiatura tenuta da James V. Hart, Chris Vogler e David McGee. Il corso era tutto in inglese e tenuto da sceneggiatori americani, autori, tra altro, di opere che avevano attraversato profondamente la mia vita. Quando ho incontrato Pasquale, mi è parso di seguire un flusso, da americani ad americano, da film scritti a vita da film. Lui parla molto e io vedo subito un film tra le sue parole. I suoi racconti trovano un riscontro visivo nel mio immaginario, basato sull'iconografia cinematografica americana degli anni ’70 ed ’80, con la quale io e la mia generazione siamo cresciuti.

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Decido di approfondire la sua conoscenza per trarre il soggetto di un lungometraggio di finzione e, nel frattempo, lo filmo. Ottengo così il materiale che dimostra le abilità attoriali di Pasquale. Più studio la sua storia e più rimango sorpreso dalle sue capacità. Più scrivo un personaggio basato sulla sua vita e più mi accorgo che la cosa più originale sarebbe forse quella di fare un film con lui e – più o meno – su di lui.

Per quanto tempo ha dovuto seguire il protagonista? Com'è riuscito a conquistarsi la sua fiducia?
Forse non ci sono ancora riuscito, con Pasquale è una battaglia quotidiana. Direi che sono andato vicino a conquistarla e lo strumento migliore che ho trovato è stato il saper farsi mandare a quel paese. Perché tu sai quello che stai facendo, ma lui non lo saprà per molto ancora e avrà tutto il diritto di dubitare di te. Nella fase di studio sono stato con Pasquale una ventina di giorni, durante i quali ho accumulato materiale. Poi, ho lavorato sulla scrittura e realizzato un teaser. Il film l’abbiamo girato, infine, in quattro settimane tra Italia, Messico e Stati Uniti.

Quali sono state le sequenze più difficili da girare?
Non credo che nel caso di un film come questo si possa parlare di sequenze particolarmente difficili da girare perché tutte, di base, ritraggono la tranquillità di un'esistenza normale che per lo spettatore può risultare inusuale, ma che per Pasquale è semplicemente vita di tutti i giorni. Tecnicamente, potrei dire che lavorare nel deserto dell'Arizona è stato duro a causa del clima, ma niente di più.

Pasquale Donatone ha visto il film? Che cosa ne pensa?
Sì, l'ha visto ma è consapevole che quello sullo schermo è soltanto un film. Non giudica la sua vita passata, non si piange addosso e non si vergogna perché, come dice spesso, “shit happens”. Poi il suo viaggio, nel senso di viaggio dell’eroe, non è ancora finito.

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