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VENEZIA 2019 Concorso

Olivier Assayas • Regista di Wasp Network

"Ogni singolo giorno portava nuovi problemi"

di 

- VENEZIA 2019: Il regista francese Olivier Assayas parla con Cineuropa della realizzazione di Wasp Network, un film basato sui "cinque cubani", che è stato proiettato in concorso

Olivier Assayas  • Regista di Wasp Network
(© La Biennale di Venezia - foto ASAC)

Olivier Assayas è uno dei migliori cineasti in Francia, sceneggiatore e regista di una ventina di lungometraggi, da quando ha debuttato Il disordine, che vinse il Premio FIPRESCI alla Mostra internazionale d’arte cinematografica nel lontano 1986. La sua ultima uscita, Wasp Network [+leggi anche:
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intervista: Olivier Assayas
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, in proiezione in concorso ufficiale a Venezia quest’anno, è basato sulla storia vera degli ufficiali dei servizi segreti cubani che fingevano di andare in esilio nel tentativo di sventare attacchi terroristici a Cuba.

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Cineuropa: È stata una sfida e un’esperienza diversa realizzare un film di spionaggio a Cuba?
Olivier Assayas: Non lo vedo come un film di spionaggio, piuttosto come un film storico. È stato più costoso di quello precedente, ma di nuovo non avevamo abbastanza fondi per girare quel tipo di film. Abbiamo spremuto fino al limite ogni risorsa. Tutti i giorni c’erano nuovi problemi, quindi è stato molto difficile. Difficile a livello fisico e logistico. Estremamente complicato da finanziare, ma è stata un’avventura esilarante perché abbiamo girato a Cuba, dove film di questo genere non erano mai stati fatti prima. Abbiamo mescolato una squadra cubana a una manciata di capi reparto francesi. Ci siamo occupati della storia moderna di Cuba, una cosa che i registi cubani non lasciano mai fare a quelli stranieri, quindi è stato tutto un’avventura.

Come ha saputo del WASP Network? Ne è venuto a conoscenza come la storia di una singola persona, o ha sentito parlare dell’anello di spionaggio dei Cuban Five in Florida?
La storia mi è giunta tramite un produttore brasiliano, Rodrigo Teixeira, che era stato un editore e aveva commissionato il libro Last Soldiers of the Cold War: The Story of the Cuban Five dello scrittore brasiliano Fernando Morais. È un libro che non ha esattamente una struttura narrativa, ma è documentato scrupolosamente. L’autore ha intervistato molti dei protagonisti e il testo contiene molto materiale che dev’essere stato di provenienza dell’Agenzia di sicurezza nazionale cubana. C’è molto materiale esaltante e testimonianze dirette. Per me era un solido punto di partenza. Ne avevo bisogno perché non conoscevo bene Cuba, il Centro America e i Caraibi.

Nel suo precedente film Carlos [+leggi anche:
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, si ritrova il tema del terrorista che diventa un’icona. Qui, Juan Pablo Roque [Wagner Moura] dice, “Sono una star del cinema”. È questo uno dei suoi temi preferiti?
Me ne sono reso conto più tardi, intendo dopo aver fatto il film. Ciò che è paradossale è che il personaggio di Carlos è come Roque, e lui è l’opposto di René González (Édgar Ramírez, che ha anche interpretato Carlos). A me interessa il personaggio di Roque, che è un uomo di famiglia, perché è l’esatto contrario di René. All’inizio del film si assiste al percorso parallelo dei due esuli. In Roque ci si può identificare più facilmente perché è più umano ed è un gran lavoratore, mentre l’altro, René, va a Miami per godersi la bella vita. Ognuno di questi elementi, anche i più folli, sono basati su fatti reali.

Perché ha deciso di utilizzare un’intervista d’archivio con Castro?
Ho utilizzato quest’intervista perché si trovava nella sceneggiatura originale, la prima versione del manoscritto, ma non in quella forma. Quando entrai realmente in possesso del materiale d’archivio, quel video mi colpì perché Castro fondamentalmente stava riassumendo quello che accade nel film. Ho pensato che fosse un elemento potente da inserire in quel momento della storia sullo schermo: il personaggio storico dà un senso di realtà e verità a ciò che abbiamo raccontato.

Quando ha deciso di usare quel colpo di scena a metà del film?
È sempre stato parte del progetto. Non sono sicuro che fosse nel libro di Morais, ma forse c’era. Mi piaceva l’idea di seguire la storia degli esili cubani a Miami e poi, all’improvviso, c’è un altro lato della storia, che è molto più complesso. Tutto d’un tratto, la vita quotidiana a cui si è assistito è parte della storia odierna, se si preferisce. È legata alle correnti sotterranee della storia contemporanea.

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(Tradotto dall'inglese da Gilda Dina)

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