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SAN SEBASTIAN 2019 Zabaltegi-Tabakalera

Callisto Mc Nulty • Regista di Delphine and Carole

"Le immagini hanno il potere di cambiare l'ordine delle cose costruendo una visione più ricca del mondo"

di 

- Abbiamo incontrato Callisto Mc Nulty per parlare del suo documentario Delphine et Carole, insoumuses, che è stato proiettato a San Sebastián ed è selezionato agli EFA

Callisto Mc Nulty  • Regista di Delphine and Carole
(© Joffrey Speno)

Abbiamo parlato con la regista Callisto Mc Nulty, il cui documentario  Delphine et Carole, insoumuses [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Callisto Mc Nulty
scheda film
]
è stato appena proiettato a San Sebastián ed è stato selezionato per gli European Film Awards.

Cineuropa: Come è venuto fuori questo film? Qual era la sua ispirazione iniziale?
Callisto Mc Nulty:
Questo film è sia storico che personale, dato che Carole Roussopoulos era mia nonna. Un anno prima della sua morte nel 2009, iniziò a lavorare sul progetto di un docufilm su Delphine Seyrig. Questo progetto è stato il punto di partenza per il mio film, che ho sviluppato insieme ad Alexandra e Géronimo Roussopoulos, i figli di Carole. Abbiamo seguito il nostro instinto di includere la voce di Carole per raccontare la storia di entrambe le donne, il loro gioioso radicalismo e l’intensità politica e umana della loro relazione.

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Attraverso questo film, ho voluto mostrare il loro uso sovversivo e creativo del video, un mezzo nuovo al tempo. Diversamente dal cinema, il video non ha storia. Come Carole era solita dire “non è ancora stato colonizzato dagli uomini”, quindi le donne si sentirono libere di sperimentarlo. Il video divenne per le donne uno strumento emancipatorio, permettendo alle femmine le cui voci erano solitamente silenziate di parlare individualmente e collettivamente. C’è un’energia creativa particolare coinvolta nel loro uso del video che proviene dal collettivo. Credo che il potenziale radicale dei loro film risieda nella loro abilità di combinare critica sociale e umorismo. Dimostrano come l’umorismo possa diventare un’arma di distruzione di massa del patriarcato!

Attraverso questo film, ho voluto inoltre condividere la visione del femminismo, che trovo stimolante: è radicata nei piaceri della vita e della comunicazione con altre donne. Smantellano completamente l’immagine della “femminista guastafeste”, usata spesso per denigrare le femministe.

Perché ha deciso di utilizzare soltanto materiale d’archivio? E come si è svolto quel processo?
C’è una specie di dimensione investigativa nel cercare e selezionare gli archivi che mi piace particolarmente. Fortunatamente, ho avuto accesso agli archivi del Centro audiovisivo Simone de Beauvoir, che ha digitalizzato la maggior parte delle videocassette di Delphine e Carole. Sono stata abbastanza fortunata da lavorare con la fantastica montatrice Josiane Zardoya. Mi è veramente piaciuto il processo di montaggio degli archivi: l’intreccio tra i vari estratti illumina e dà un nuovo significato alle immagini e alle voci; e crea nuove associazioni e risonanze. Ero anche interessata al confronto delle immagini stilose del cinema con immagini video dalla qualità povera. La loro vulnerabilità racconta lo status delle immagini e della storia delle donne.

Ci sono molti punti nel film che risuonano oggi. Come vede la relazione tra le due epoche?
Gli sforzi delle femministe degli anni ’70 presentano, sfortunatamente, molte risonanze contemporanee. Una delle leggi più restrittive contro l’aborto è stata recentemente votata in alcuni stati dell’USA, dimostrando come i diritti sociali siano di fatto molto fragili. In una delle sue opere, Carole mostrò una scena di aborto illegale nel 1971, praticata da attiviste nell’appartamento di Delphine. In questo senso, il femminismo è uno strumento di vigilanza e di consapevolezza.

Nel 2019, il contesto è cambiato molto (e per certi versi in meglio). Ma Carole e Delphine possedevano già ciò che le femministe contemporanee definiscono come una consapevolezza “intersettoriale”, prendendo in considerazione i rapporti di forza di razza, classe, religione, età e così via. Sono particolarmente ottimista riguardo la situazione attuale. Il movimento #MeToo sta spingendo gli uomini a mettere in discussione se stessi e la mascolinità patriarcale. Emergerà più parità di genere quando gli uomini inizieranno anche a rieducare se stessi.

Come regista donna europea, sente che le azioni che l’industria europea del film sta attualmente compiendo, come la parità di genere in certi  processi di selezione e di fondi, siano d’aiuto o utili?
Le azioni a un livello istituzionale sono necessarie per affrontare il problema della visibilità delle registe. Credo che le quote e le politiche di azione positive saranno necessarie fin quando il cinema rimane un’industria dominata dall’uomo. Si tratta di dare alle donne i mezzi e le condizioni per sviluppare le loro visioni.

Il problema dello “sguardo maschile” che domina l’industria del film, ed è onnipresente nella nostra cultura patriarcale, è stato toccato molto ultimamente. Per lungo tempo, questo sguardo bianco, eterosessuale, maschile è stato associato con uno sguardo neutrale. La rappresentazione non è semplicemente rappresentativa, ma anche costitutiva della realtà: le immagini hanno il potere di cambiare l’ordine delle cose, costruendo una visione del mondo più ricca. Dobbiamo creare spazi di sicurezza per le donne a cui tutti noi possiamo relazionarci.

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(Tradotto dall'inglese da Miriam Ferraglioni)

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