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TRIESTE SCIENCE+FICTION 2019

Alessio Liguori • Regista di In the Trap

“Ricreare un sistema che riporti all’estero il glorioso cinema di genere italiano”

di 

- Al Trieste Science+Fiction Festival abbiamo incontrato Alessio Liguori, autore e produttore di In the Trap, che è già stato venduto in 23 Paesi

Alessio Liguori • Regista di In the Trap

Al Trieste Science+Fiction Festival abbiamo incontrato Alessio Liguori, autore e produttore di In the Trap [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Alessio Liguori
scheda film
]
, un horror psicologico ambientato in Inghilterra che è già stato venduto in 23 Paesi.

Cineuropa: Con In the Trap avete fatto una scelta precisa, usare la lingua inglese per internazionalizzare il film.
Alessio Liguori: Ci sono diverse scuole di pensiero. Secondo me l’inglese è una conditio sine qua non per la distribuzione internazionale di un film di genere. E’ importante anche che gli attori siano madrelingua  perché purtroppo non funziona molto con attori italiani. Ho tentato di farlo, è stato un buon esperimento, ma in ambito internazionale funziona di più l’inglese madrelingua. Questo non significa dimenticare le radici del proprio Paese. Puoi fare un film impregnato della tua cultura, non solo italiana ma europea, e forse bisognerebbe cominciare a ragionare in chiave europea. Io sento In the Trap come un film europeo, né italiano né semplicemente internazionale. Ci sono dei codici linguistici internazionali in termini estetici e interpretativi. Per il tipo di storia che volevamo raccontare, avevamo bisogno di una precisa estetica sia per la scenografia che per il cast, che rientrasse in quei codici linguistici universalmente riconosciuti. Il casting è stato fatto a Londra, e c’è una quota italiana con l’attrice Miriam Galanti - il suo ottimo inglese è giustificato dal fatto che interpreta un personaggio italiano all’estero -, le colonne sonore sono state registrare con un’orchestra a Budapest. Gli interni sono stati girati in Italia, gli esterni in Inghilterra, nel Devon.

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La casa è un personaggio a se stante del film.
Si dice che sia realmente infestata dai fantasmi e c’è stato un momento durante la produzione del film nel quale si pensava fosse impossibile ricostruire questo appartamento perché i costi erano esorbitanti. La scenografa ha fatto con il location manager un grande lavoro di ricerca di abitazioni infestate in Europa. Ne ha trovate alcune in Germania e poi questa casa nell’Inghilterra del Sud-Ovest, di cui ci siamo innamorati. Il proprietario ci ha autorizzato ad effettuare le riprese finché non siamo riusciti a ricostruire l’appartamento, che si sposava perfettamente con l’estetica della villa del Devon.

In the Trap si muove tra demonologia e indagine psicologica. Che tipo di ricerche avete fatto?
L’idea era quella di creare questo confine labile, mettere in scena qualcosa che avesse una doppia lettura. Chi crede, può vedere una manifestazione del Demonio, altri vedranno dei fenomeni psichiatrici. Come avviene nella realtà. I veri esorcismi sono privi di vere e proprie manifestazioni e quindi hanno confini sottili tra ciò che è vero e ciò che non lo è. L’esorcismo non è al centro del film,  In the Trap è un dramma, è la storia di Philip, della trasformazione di questo ragazzo che cresce con l’educazione rigida della madre e deve trovare la spinta per diventare uomo, sconfiggendo i demoni del passato. Questo avviene attraverso la figura femminile e con la forza dell’amore. O della fede, che per molti si traduce in amore. I demoni che cercano di entrare in casa sono la metafora dell’esorcismo che Philip fa a se stesso. Per la messa in scena dell’esorcismo, ho guardato all’Esorcismo di Emily Rose e ho visionato tantissimi video di presunti esorcismi che si trovano sul web, oltre ad aver parlato con dei preti esorcisti e fatto ricerche assieme allo sceneggiatore Daniele Cosci.       

Hai creato una casa di produzione con cui stai realizzando anche il tuo prossimo film.
Si, la casa di produzione Mad Rocket è stata creata con Daniele Coscia, Alessandro Risuleo e Simone Bracci. Mad Rocket ha coprodotto In the Trap con la capofila Dreamworldmovies di Luigi De Filippis. Abbiamo già chiuso anche il secondo film, che è intitolato Shortcut, uscirà l’anno prossimo con Minerva.

Di che si tratta?
E’ un incrocio tra Super 8, The Goonies e It. Un film che richiama tantissimo gli anni 80, anche se in ambientazione contemporanea e vede protagonisti cinque ragazzi inglesi che studiano in Italia, di ritorno a casa con uno scuolabus. Andranno invece incontro ad una serie di sfortunati eventi… Abbiamo usato un meraviglioso pulmino Fiat degli anni 60 rosso fiammante. Il film è stato girato interamente nel Lazio, con un cast misto inglese e italiano.

In the Trap è stato venduto in 23 paesi, tra cui Stati Uniti, Russia e America del Sud. E’ la dimostrazione che gli autori di film di genere italiani possono avere un posto nel mercato internazionale.
Per l’internazionalizzazione del film c’è stato un grande lavoro di True Colours, che lo presenta in questi giorni all’American Film Market. In Italia esce il 23 gennaio 2020 con Zenit. Certo, il cinema italiano ha una storia gloriosa, universalmente riconosciuta. Tutti conoscono il nostro passato, un po’ meno il nostro presente, e meno ancora il nostro futuro. Per cui penso che tutti - produttori, distributori, registi, sceneggiatori -  non debbano guardare solo al proprio progetto ma contribuire a ricreare un sistema che ci riporti all’estero, in un’industria che è diventata globale.

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