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Italia / Slovenia

Davide Del Degan • Regista di Paradise - Una nuova vita

“Il protagonista del mio film è un eroe per caso”

di 

- Abbiamo parlato con Davide Del Degan, alla sua opera prima di fiction con Paradise - Una nuova vita, in uscita in Italia

Davide Del Degan  • Regista di Paradise - Una nuova vita

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nel 2016, firmato con Thanos Anastopoulos. Coproduzione Italia-Slovenia, Paradise è ambientato nella regione montana della Carnia, in Friuli, dove si nasconde Calogero (Vincenzo Nemolato) venditore di granite siciliano, testimone di giustizia che con coraggio decide di denunciare il killer di un omicidio di mafia a cui ha assistito nella sua isola. Nelle sale italiane dall’8 ottobre con Fandango, che ne cura anche le vendite internazionali.  

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Cineuropa: In Paradise si rincorrono dramma civile, thriller e commedia. E’ stata una scelta fatta fin dall’inizio del progetto?
Davide Del Degan
Abbiamo cercato di trovare dei punti di vista nuovi già in scrittura. Un tentativo fatto anche in fase di realizzazione, che è stata la sfida più grande. Abbiamo giocato tutto su degli equilibri molto sottili, dalla costruzione fino al montaggio, un equilibrio che poteva cambiare radicalmente i toni del film. Dai costumi alle scenografie, su certe scene spingevamo in una direzione e lavoravamo in sottrazione su altre. Le musiche ad esempio: abbiamo fatto un primo lavoro con Luca Ciut che andava in cerca di certe sonorità, separando quelle che potevano sostenere l’ironia da quelle drammatiche. Poi ci siamo resi conto che il salto era troppo evidente per cui abbiamo cercato nelle note e nei ritmi un filo leggero di equilibrio che evitasse i pregiudizi verso ciascun personaggio e cercasse il rispetto totale del tema che stavamo trattando. Ma sottolineando con toni da commedia e drammatici le difficoltà della vita dei “testimoni di giustizia”. Una realtà drammatica che può essere a volte bizzarra e grottesca.

Vi siete documentati sulle storie vere dei testimoni che vivono questo status?
Grazie a degli amici che lavorano nel mondo della giustizia ho iniziato una ricerca, leggendo libri e interviste anche in video a queste persone che spesso hanno bisogno di maggior attenzione per essere più protetti, ma non ho mai avuto un contatto diretto. Il protagonista Vincenzo Nemolato ha avuto la fortuna di riuscire ad avere un contatto diretto.

La scelta di questo bravo attore dal volto stralunato è stata fondamentale per la riuscita del film. Come hai individuato Vincenzo?
La produzione Pilgrim Film ha sostenuto il mio desiderio di ricercare l’attore che ritenessi perfetto per questo ruolo. Con il casting Massimo Apolloni abbiamo incontrato una quantità di attori molto bravi. Volevo che fosse molto presente la sicilianità, anche se le scene in Sicilia sono poche per creare quel contrasto che si doveva costruire con il paese del nord dove il protagonista andava a vivere. Ho trovato in Vincenzo, che è napoletano, quella forza e leggerezza che cercavo e una enorme professionalità: ha lavorato un anno per imparare a parlare un dialetto siciliano perfetto, che non doveva individuare però una zona geografica precisa dell’isola.

Il protagonista esprime bene la coscienza civile dell’uomo qualunque di fronte all’omertà e all’impunità della criminalità.
Calogero/Alfio è un eroe per caso. Una persona con dei principi e dei valori importanti, ma non è uno che va alla ricerca delle azioni da compiere. Ci sono dei luoghi in cui c’è una zona grigia in cui tu puoi vivere senza doverti necessariamente schierare dalla parte del bene o dalla parte del male. Ma in certi casi ci sono delle scelte da fare. Lui decide, spinto dal fatto che sta diventando padre. Ho sentito forte il desiderio di raccontare una storia di rinascita e redenzione proprio la notte in cui ho scoperto che sarei diventato padre. Mi sono reso conto che tutte le certezze erano scomparse e le paure che pensavo di aver sconfitto erano ritornate. Qualcosa che probabilmente vivono ogni giorno i testimoni di giustizia che hanno fatto quella scelta. Vincenzo vuole salvare il futuro della figlia, compiendo un gesto che dovrebbe essere d’esempio.

Il territorio ti permette inquadrature che sottolineano bene il contrasto culturale.
Abbiamo lavorato appunto sul contrasto, fin dal nome che abbiamo dato al residence dove si nasconde Calogero, Paradise. Per me Sauris è un paradiso, se guardo quelle montagne innevate, quella terra, quella cultura, penso sia qualcosa di fantastico. Per le circostanze che lo hanno portato lì, Calogero pensa piuttosto ad un inferno. Le montagne sono lo specchio esteriore dei suoi limiti, la neve ghiacciata è quello che lui avverte nel cuore. Giochiamo a metterlo in difficoltà, a fargli inizialmente sperare di tenersi stretta la sua Sicilia, ma gli spifferi dentro casa contrastano con il poster dell’isola appeso sul muro, e con effetto grottesco lui cerca il conforto dal freddo       mangiando la granita siciliana!

Come è nata la coproduzione con la Slovenia?
E’ certamente una vocazione del cinema del Friuli-Venezia Giulia che, grazie anche al Fondo Regionale per l’Audiovisivo e della FVG Film Commission, ti spinge naturalmente ad allargarti. Con Paradise desideravo raccontare un paese che pur sembrando fermo, in realtà è molto dinamico e colorato. E volevo farlo attraverso una peculiarità propria di Sauris, ai limiti dei confini italiani con Austria e Slovenia, dove si parlano tre lingue: l’italiano, il carnico (friulano) e il saurano, che è un tedesco del 1300. L’opportunità di avere una coproduzione poteva portare degli attori sloveni che portassero la loro cultura nella storia. Infatti sono arrivati Branko Završan e Katarina Cas. In più scenografo e costumista sono anch’essi sloveni. Un valore aggiunto nel film.

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