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BLACK NIGHTS 2020 Concorso

Jo Sol • Regista di Armugan

"Accompagnare mio padre verso la fine della sua vita è stato l'inizio di questo percorso"

di 

- Abbiamo parlato con Jo Sol di Armugan, selezionato nel concorso principale del Festival Black Nights di Tallinn di quest'anno

Jo Sol • Regista di Armugan

Cineuropa ha avuto la possibilità di parlare con lo spagnolo Jo Sol, regista di Armugan [+leggi anche:
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intervista: Jo Sol
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, uno dei film presentati nel concorso principale del Festival Black Nights di Tallinn. La storia ruota attorno all'uomo del titolo, interpretato da Íñigo Martínez. Armugan ha una disabilità che ostacola fortemente i suoi movimenti e vive in montagna, in compagnia del cielo, delle pecore e di un aiutante personale, Ánchel (Gonzalo Cunill), che ha lavorato nel reparto di cure palliative di un ospedale. Quando qualcuno chiama Armugan, Ánchel lo aiuta a scendere dalla montagna e lo conduce dalla persona che ha bisogno della sua assistenza. Armugan è un "finisher" – in altre parole, ha le capacità e le conoscenze per aiutare coloro che stanno morendo – motivo per cui le persone hanno paura di lui, poiché sentono che sa qualcosa che loro non sanno.

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Cineuropa: Prima di tutto, quando e come ha dato il via al progetto?
Jo Sol:
Nel 2018 ero a Cuba a preparare un film, una commedia con musica e tanto colore. Venni a Barcellona per Natale per salutare la mia famiglia. Mio padre si ammalò e dopo 40 notti morì a casa, in pace, tra le mie braccia. È stata un'esperienza brutale e luminosa allo stesso tempo, piena di profonde rivelazioni. Il mio progetto precedente non aveva più senso e mi sono messo a riflettere e scrivere della mia esperienza concentrandomi sul bisogno collettivo di guardare la morte in faccia, di essere pronti a vivere uno dei momenti più trascendenti della vita.

Il film è ricco di silenzi e possiede una sorta di peculiare realismo magico. Come ha lavorato alla scrittura della storia e alla costruzione del mondo dei personaggi?
Vedo un approccio osservativo piuttosto che un realismo magico, almeno questa era la mia intenzione. Il mio personaggio è il risultato di una serie di esperienze aliene e, a sua volta, dell'osservazione della natura, della realtà, di tutti quei cambiamenti che la compongono. Armugan non ha tempo per le parole, perché dedica tutta la sua vita a documentare quei cambiamenti, a essere attento ai dettagli. Si astrae dal rumore del mondo per penetrare nel momento presente e per rivelarne la natura impermanente. Questo gli conferisce la sua saggezza naturale; la sua empatia per tutto ciò che è vivo, visibile o invisibile.

Qual è stata la sfida più grande sul set?
Potrei citare una qualsiasi delle sfide artistiche che implica l'ambizione di rappresentare situazioni semplici e allo stesso tempo complesse come quelle che propone Armugan. Onestamente, la cosa più rischiosa è stata tenere al sicuro il mio protagonista. Iñigo, il mio attore protagonista, proveniva da un'operazione delicatissima a cervello aperto, ma per lui questo film rappresentava molto più di un semplice lavoro. Averlo sul set, con il corpo esposto in quel limite di assoluta fragilità, ci ha dato il tono esatto per quello che stavamo narrando.

In che modo la realizzazione di Armugan ha cambiato il suo rapporto con il tempo e la morte?
Ogni film inizia molto prima di essere prodotto, nella mente del suo autore. Per me, la cosa formidabile di Armugan è che è stato finanziato e prodotto solo sei mesi dopo l'evento che ha generato l'intera avventura. Accompagnare mio padre verso la fine della sua vita è stato l'inizio di questo percorso, e la vera magia è stata il potere di questa storia di prendere vita in modo così tempestivo e superando grandi difficoltà. Anche adesso, l'anteprima in mezzo a questa pandemia – e in questo contesto – dimostra ciò che il film ha cercato di esplorare in termini di sentimenti interiori. Questo è il vero potere di questo film: è diventato esso stesso una metafora!

Sta lavorando a qualche altro progetto?
Sono appena tornato dall'IDFA dove ho presentato il mio nuovo progetto, intitolato Burn the Cuckoo’s Nest, un documentario sulla seconda ondata di LSD. È un'esperienza di realtà virtuale completa, nonché un film multiformato. Sono molto entusiasta di questo progetto, che può contribuire a trasformare alcuni paradigmi della narrativa documentaria e le esperienze immersive, ma presenta anche un solido approccio a nuove intersezioni tra scienza e filosofia.

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(Tradotto dall'inglese)

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