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IFFR 2021 Concorso Tiger

Ainhoa Rodríguez • Regista di Destello bravío

"Ogni popolo porta le sue croci"

di 

- La regista spagnola compete per il premio Tiger di Rotterdam con il suo primo lungometraggio, premiato nei forum di post-produzione e supportato da Lluís Miñarro

Ainhoa Rodríguez  • Regista di Destello bravío
(© Miguel Guardiola)

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, di Ainhoa Rodríguez (Madrid, 1982), è stato presentato al 50° Festival di Rotterdam (IFFR). La cineasta dell’Estremadura ha corso non pochi rischi nel suo film d’esordio, girato interamente nella provincia di Badajoz e che vede come protagoniste le sue vicine: questo coraggio non è passato di certo inosservato a Lluís Miñarro (Eddie Saeta), che già in precedenza aveva partecipato a questa manifestazione con i suoi film (Stella cadente [+leggi anche:
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) e che è diventato, poi, il coproduttore a fianco della stessa regista-sceneggiatrice. Abbiamo avuto con lei la seguente conversazione telefonica.

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Cineuropa: Ancor prima di essere ufficialmente terminato, il suo film ha partecipato a diversi festival come Abycine, REC Tarragona e Gijón. Ciò è servito a far conoscere il film?
Ainhoa Rodríguez: Sì, è stata la giusta spinta finale. Partecipando al concorso Abycine Lanza, il film ha ricevuto un premio di 7.000€, una somma molto importante per un film indipendente, dal momento in cui dovevamo anche finire di finanziarne alcune parti. Al Gijón, così come al REC, abbiamo vinto un premio tecnico, che ci ha semplificato il processo, e grazie a cui ci è stato possibile presentare il film ad altri festival.

In quale preciso momento Eddie Saeta è entrato a far parte della produzione?
Durante la post-produzione. Il film, in versione avanzata, è stato presentato a MECAS, al festival di Las Palmas, dove è stato largamente apprezzato dalla coordinatrice Lorena Morín, che ha voluto subito mostrarlo a Lluís Miñarro. Egli ne è rimasto entusiasta e mi ha chiamato.

Quest’anno il Festival di Rotterdam si terrà esclusivamente online e, perciò, il film potrà essere visto anche da persone di altre città. Ne è felice?
Direi proprio di no. È una notizia dolce-amara, perché niente potrà sostituire la magia di partecipare a un evento così importante, che dà valore ai film proposti e in cui ci si sente di appartenere a una grande famiglia… E’ come se qualcosa mi fosse stato sottratto. Inoltre, Destello bravío è un lungometraggio ricco di dettagli e molto sensoriale, sia a livello di immagini sia di suono: il fatto che non si possa vedere sul grande schermo, per cui è stato creato, mi frustra. Non sono felice del periodo che stiamo vivendo, è terribile. Ovviamente so anche che per alcune persone la situazione è nettamente peggiore, ma ciò non mi impedisce di arrabbiarmi. Il film sarà visto di più? Forse, essendo online, molte più persone potranno accedere… Ma come? Non lo so… Perché niente può essere paragonato all’esperienza in una sala cinematografica: dove esiste solo il film e nient’altro.

Destello bravío trasporta lo spettatore nei vari paesini della provincia di Badajoz, dove è cresciuta. Il suo è il secondo film estremegno della stagione, dopo Karen [+leggi anche:
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, di Mar
ía Pérez Sanz. Si può parlare di una sorta di rinascita cinematografica di questa regione?
Spero vivamente che si continui per questa strada, che si realizzino dei film rispecchiando la prospettiva dell’Estremadura e che non si abbia il complesso di inferiorità. Vorrei che da qui emergessero molti più registi e che si creasse un movimento interessante.

Karen, come anche il suo film, si focalizza molto sulla figura femminile: dobbiamo continuare la nostra lotta contro il patriarcato?
Destello bravío parla di eredità patriarcali, che si tramandano di generazione in generazione; ma si sarebbe potuto tranquillamente girare in tutt’altro contesto, poiché la stessa cosa accade in ambienti completamente opposti. Il film tratta, inoltre, di come ci si aggrappi alle tradizioni millenarie dinanzi a un mondo globalizzato, dove tutti vestiamo e pensiamo allo stesso modo. O della necessità costante che qualsiasi società ha di inventare, di andare oltre, sia per mezzo della fede religiosa o della magia e dell’esoterismo. Perché ogni popolo ha le sue croci, che continua a portare.

È sorprendente il lavoro interpretativo di alcune donne che recitano nel suo film, nonostante non siano delle attrici professioniste. Avete dovuto provare tanto?
Soprattutto durante le riprese mi sono avvalsa di uno strumento molto importante, quello dell’intuizione: sapevo che era necessario instaurare un rapporto molto intimo. Perciò, ho deciso di andare a vivere per alcuni mesi a Puebla de la Reina (Badajoz), un paesino che volevo conoscere fino in fondo. Un attore professionista, infatti, si mette nei panni di un personaggio che è stato creato in precedenza, mentre nel mio caso ho dovuto adattare questi panni alle circostanze, non solo fisiche, delle attrici: è perciò necessario ricamarli per bene, affinché calzino loro a pennello. E tutto ciò richiede tempo, relazione, sforzo, vicinanza e fiducia. In molti casi c’era un testo scritto mentre in altri si è improvvisato, lasciando che la storia scorresse.

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(Tradotto dallo spagnolo da Chiara Pucciarelli)

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