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BERLINALE 2021 Encounters

Alice Diop • Regista di Nous

"Voglio dimostrare che le società cambiano costantemente, proprio come il 'noi' collettivo"

di 

- BERLINALE 2021: Nel suo nuovo documentario, proiettato nella sezione Encounters, la cineasta francese esplora ancora una volta la banlieue parigina e i suoi abitanti

Alice Diop  • Regista di Nous
(© Cyrille Choupas)

Nel suo saggio-documentario Nous [+leggi anche:
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, la regista francese Alice Diop presenta un ritratto sensibile e diversificato degli abitanti della banlieue parigina. Il suo film è stato presentato in anteprima nella sezione Encounters della Berlinale di quest'anno. Diop ha viaggiato per due mesi sulle carrozze della linea ferroviaria RER B e ha trasformato le persone che ha incontrato nei protagonisti del suo film. Abbiamo parlato con lei del concept del film, del suo legame personale con la banlieue e delle sue idee sulla società.

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Cineuropa: Come è nato il progetto?
Alice Diop: Ho letto il libro Les Passagers du Roissy Express di François Maspero, che è stato pubblicato nel 1999 ed è molto conosciuto in Francia. La storia è un vagare tra le carrozze della linea ferroviaria RER B che porta alle banlieue di Parigi. Questa particolare linea è molto simbolica perché traccia la storia della migrazione. Negli anni '60, gli stranieri arrivarono in Francia come forza lavoro e ne fecero la loro casa. Ma la linea ferroviaria è molto varia e attraversa zone boschive e industriali. Il libro mi ha davvero colpito perché svela la storia delle banlieue e, così facendo, la storia della società francese in generale. Quindi tutto è iniziato con questo testo.

Come l’ha ispirata a intraprendere il suo progetto cinematografico?
Era la prima volta che vedevo la banlieue descritta in questo modo da un autore. La banlieue è generalmente considerata un'area molto povera abitata da persone molto povere, ma soprattutto è considerata un luogo di scarso interesse culturale e personale. L'autore si è preso il tempo di osservare le persone che vi abitano e di preservarne la dignità. Questo è un approccio che anch'io volevo adottare. Nessuna terra è senza storia o storie. Volevo catturare momenti della vita quotidiana ed evitare di cercare un personaggio speciale o un evento speciale. Volevo prendere il mio tempo e guardare più da vicino ciò che mi circondava.

Come ha scelto le persone che compaiono nel film?
Ho vagato lungo il treno, proprio come nel libro, per due mesi. Questo è successo due anni prima che iniziassimo a girare il film. Durante questo viaggio, ho incontrato persone che mi hanno ispirato a scrivere su di loro. Sono stata anche ispirata dai racconti di Joyce. Scrive di persone apparentemente semplici e conferisce loro lo status di protagonista. Non volevo trattare i miei personaggi come archetipi sociologici, ma piuttosto come individui indipendenti.

Aveva del materiale in più che ha dovuto tagliare durante il montaggio?
Abbiamo girato per un totale di 30 giorni ed eravamo ben preparati, quindi il risultato è stato abbastanza preciso.

Può dirci qualcosa di più sulla scena con i cacciatori, all'inizio?
Questa scena è molto simbolica ma anche misteriosa, perché aperta all'interpretazione. Nella mia mente, mostra due mondi opposti, ma che si osservano a distanza di sicurezza. Voglio attraversare quel confine. Voglio che ciascuna parte guardi più da vicino l'altra.

Era chiaro fin dall'inizio che avrebbe incluso elementi autobiografici?
Sì, volevo riflettere su cosa fa una società e cosa fa una comunità. Come viene costruita la nozione di "noi"? Volevo raccogliere le storie e i ricordi di quelle persone perché fanno parte del “noi” francese. La mia storia e quella della mia famiglia forgia e trasforma questo "noi" francese come fanno le storie dei miei protagonisti. Ecco perché era importante per me usare anche il mio punto di vista personale.

Mescola materiale da fonti diverse – audio, immagini appena girate – con filmati d'archivio. Non temeva che il film diventasse troppo eterogeneo? O era questa la sua intenzione sin dall'inizio?
Volevo che il film assomigliasse a un collage.È un collage in termini di contenuto, ma anche in termini di forma.Volevo usare la forma di un film documentario ma anche di un film di finzione.La coesione di queste diverse forme e immagini arriva a formare un luogo e, in definitiva, una società.

Quale immagine della banlieue voleva trasmettere?
Il mio punto di partenza era la banalità della vita quotidiana. Le persone hanno molte idee fantasiose sulla banlieue. È spesso stigmatizzata. Ma non ci sono solo droga, violenza e povertà. È anche la casa di persone che sognano, che pensano e che non rientrano negli stereotipi e nelle storie a cui siamo abituati. Voglio mostrare che le società cambiano costantemente, proprio come il "noi" collettivo.

Qual è stata la parte più difficile della realizzazione del film?
In realtà, l'intero processo è stato molto impegnativo.Il montaggio è stato molto complicato, volevo lasciare spazio sufficiente per tutti i protagonisti e capire come ognuno di loro fosse unico.Era importante mostrare chi fosse esattamente il "noi".

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(Tradotto dall'inglese)

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