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PUNTO DE VISTA 2021

Marina Lameiro • Regista di Dardara

“La musica ci aiuta a vivere”

di 

- La cineasta spagnola ha presentato al Festival Punto de Vista il suo secondo film, pochi giorni prima di uscire nelle sale del suo paese

Marina Lameiro • Regista di Dardara
(© Matteo Rovella)

Già tre anni fa Marina Lameiro aveva partecipato al concorso ufficiale del Festival Punto de Vista di Pamplona con il suo primo film, Young & Beautiful [+leggi anche:
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. Quest’anno inaugura questo stesso festival internazionale di cinema documentario con Dardara [+leggi anche:
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intervista: Marina Lameiro
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, poco prima della sua uscita nelle sale commerciali spagnole, tra oggi e domani, con Atera Films. La incontriamo in modo che possa dettagliare alcuni aspetti del suo secondo lungometraggio.

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Cineuropa: I suoi due film apparentemente si somigliano poco…
Marina Lameiro:
Sì, ma c'è chi vi vede delle coincidenze, perché c'è un modo di guardare che è simile; ma sì, questo è diverso, perché il primo ritraeva il mio ambiente più vicino: persone che conoscevo molto bene, qualcosa di molto intimo, persone che non hanno rilevanza sociale; e non come in Dardara, incentrato su un gruppo musicale (Berri Txarrak) che genera molte aspettative, e sui suoi estimatori.

Quali criteri ha seguito per la selezione delle canzoni che si ascoltano nel film?
I temi musicali sono un ulteriore elemento narrativo del film, perciò sono scelti con cura: volevo che i loro testi aggiungessero qualcosa a ciò che racconta il film, sia l'emozione della musica, sia cosa significa lasciare la band o il momento vitale del gruppo. Avevo a monte un elenco di canzoni, e ai concerti dal vivo ho guardato in quali avevamo catturato immagini che avessero qualcosa di prezioso, perché puoi avere una grande canzone senza immagini di persone emozionate. Quando le due cose coincidevano, ho iniziato a lavorare su quel tema, con sequenze diverse e provando cose, ma nulla è stato lasciato al caso: tutto è stato scelto per far avanzare narrativamente il film.

Quanti giorni e in quante città ha seguito la band?
In 23 concerti: a Tokyo ce ne sono stati tre, a Pamplona due. In Germania, sono stata a Berlino e ad Amburgo. Anche negli Stati Uniti, Messico e Francia. Nei festival nazionali: lo Tsunami Xixón e il Resurrection Fest (Viveiro, Lugo). E sale come il WiZink Center di Madrid e l'Apolo di Barcellona. Il resto sono stati concerti nei Paesi Baschi.

Quindi quanti giorni di riprese accompagnano il gruppo?
Sono stati quei giorni di concerto e poi altri dieci: circa 33 giorni in totale. Ho anche passato molti giorni con i fan: all'estero circa otto o dieci giorni, e sette o otto giorni con i fan qui.

In alcune riprese di concerti che vediamo solitamente, la telecamera sembra eccitarsi nel mostrare la folla o i grandi spazi, ma lei hai scelto di catturare l'emozione del primo piano. Come ci è arrivata, così vicino ai volti, con la telecamera e in mezzo alla folla?
Con una piccola videocamera, che è meno intimidatoria, perché la gente pensa che tu stia fotografando e gliene importi meno, anche se avevo un teleobiettivo. Iniziavo a registrare e poi chiedevo al pubblico se volevano essere nel film: avevo paura che qualcuno mi dicesse di no ma, al contrario, tutti erano molto entusiasti di apparire... e questo mi ha reso molto felice.

Vedere quei concerti così pieni di gente non finisce mai di provocare strane sensazioni, ora che non possono tenersi in quelle stesse condizioni...
Era qualcosa che non mi aspettavo quando stavamo girando il film e nemmeno mentre lo stavo montando, durante il lockdown e poi l’allentamento delle restrizioni, perché non pensavo che la pandemia sarebbe durata così a lungo, piuttosto immaginavo che all’uscita del film tutto sarebbe stato come prima. E sì, questo oggi assume un'altra dimensione, vedere tante persone insieme e tutte attaccate: allora non mi dava le vertigini, ma in questo momento sì, e mi chiedo quando tornerà ad essere così.

Diana Toucedo (Trinta lumes [+leggi anche:
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intervista: Diana Toucedo
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) si occupa ancora una volta del montaggio di un suo film dopo averlo fatto per la sua opera prima. Siete già un tandem artistico?
Lavorare con lei è un piacere: capisce benissimo quello che voglio fare, e a volte mi anticipa anche. Nel mio film precedente ho lavorato molto al montaggio e a un certo punto ho visto che non stavo andando avanti, che avevo bisogno di uno sguardo in più: è arrivata Diana e all'improvviso tutto ha preso una nuova dimensione, per via del suo modo di pensare.

C'è un cartello nel film, catturato a Tokyo, che dice “Niente musica, niente vita”: non si può vivere senza musica?
È così. Il film si è evoluto con l'avanzare delle riprese, ma all'inizio, quando me lo hanno proposto e ho iniziato a scrivere, quello è stato il punto di partenza: la musica ci aiuta davvero a vivere.

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(Tradotto dallo spagnolo)

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