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Germania / Polonia

Agnieszka Zwiefka • Regista di Scars

"Ciò che questo film in particolare mi ha insegnato è di non giudicare le persone"

di 

- Abbiamo scoperto di più sull'ultimo documentario della regista polacca, in cui racconta la storia delle donne che hanno combattuto con le Tigri Tamil

Agnieszka Zwiefka • Regista di Scars

La regista polacca Agnieszka Zwiefka ha realizzato il suo nuovo documentario, Scars [+leggi anche:
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intervista: Agnieszka Zwiefka
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, nell’arco di quattro anni. Si è recata ben otto volte in Sri Lanka per saperne di più sul passato del Paese e sul destino delle donne che un tempo facevano parte delle Tigri Tamil. Dopo che il film è stato distribuito online in Germania a fine aprile (disponibile su Vimeo e Kino on Demand, per gentile concessione del distributore Rise and Shine), la regista ci ha raccontato come sia riuscita a trovare le sue protagoniste e come ha affrontato la brutalità di un tema come questo.

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Cineuropa: Perché è stato importante per lei raccontare la storia di queste donne?
Agnieszka Zwiefka: Per me, Scars è un tentativo di capire cosa spinge una persona (soprattutto un'adolescente) a far parte di un'organizzazione terroristica e quale prezzo deve pagare una donna per la sua lotta. Il film affronta l’impossibilità di fuggire dal proprio passato. Questa prospettiva femminile è stata la ragione primaria per cui ho voluto fare questo film, perché sono le donne che hanno pagato il prezzo più alto per aver partecipato alla sanguinosa guerra civile dello Sri Lanka.

Come ha conosciuto le sue protagoniste?
Tutto è iniziato quando sono andata in vacanza con la mia famiglia in Sri Lanka. Spiagge bellissime, lagune blu, palme... Un paradiso. Ma presto ho scoperto che la spiaggia su cui i turisti prendevano il sole era in realtà un cimitero, poiché migliaia di persone erano state uccise negli ultimi giorni di una guerra civile durata 25 anni. Questo è un volto del paradiso di cui non ero proprio a conoscenza. Ho iniziato a fare domande, a incontrare persone e, ben presto, ho scoperto che la storia e il presente sono molto più oscuri di quanto ci si possa aspettare. Mi ha sorpreso sapere che quasi la metà dei combattenti delle Tigri Tamil erano donne, che non è solo la percentuale più alta tra i gruppi militanti, ma anche un caso molto insolito in una cultura patriarcale. Da un giorno all'altro, queste donne hanno deciso di togliersi i loro coloratissimi sari, tagliarsi i capelli e diventare guerrigliere per molti anni a venire. Dopo la fine della guerra nel 2009, molte di loro sono state brutalmente violentate o uccise. Ancora oggi vivono sotto continue minacce. Quando ho scoperto i dettagli, ho capito che si trattava di una storia che volevo raccontare. Ma non è stato facile raggiungere queste donne: non si può semplicemente andare a cercarle, perché molte sono ancora nascoste, e vivono lontano dalla società. C'era sempre un nome che tutti continuavano a menzionare: Vetrichelvi, che in tamil significa "Miss Vittoria". Quando l'ho incontrata, ho capito subito che era la protagonista perfetta per un film.

Come ha condotto le sue ricerche?
Non è stato facile. Ho iniziato subito, durante le vacanze. Sono state ore e ore di conversazioni con persone che sono attiviste per i diritti umani e che lavorano con ex combattenti. Continuavano a dirmi che sarebbe stato impossibile fare questo film, che queste donne non si sarebbero mai fidate di me né si sarebbero aperte. Anche gli attivisti che stavo incontrando erano molto guardinghi, si sono informati parecchio su chi fossi e quali fossero le mie intenzioni. Più domande facevo, più silenzio dovevo affrontare.

Perché è stato importante per lei aggiungere le scene di finzione nel film?
Durante le riprese di Scars, ci siamo presto resi conto che c'erano parti della storia che la mia protagonista voleva cancellare dal racconto e tenere nascoste. Ogni volta che menzionavamo combattenti reclutati con la forza – ragazze che non si univano volontariamente, come lei, ma che venivano rapite dalle LTTE [Liberation Tigers of Tamil Eelam] dalle loro case, a volte di appena 12 anni – Vetrichelvi cambiava argomento, fuggendo dalle sue responsabilità, poiché aveva la sua parte di colpa nel fare loro il lavaggio del cervello e prepararle a combattere. Questi sono i suoi scheletri nell'armadio e ho pensato che la storia delle ex combattenti delle Tigri Tamil non sarebbe stata veritiera se non avessi incluso queste testimonianze. Così abbiamo deciso di inserire alcune rievocazioni simboliche, poetiche e minimaliste in uno studio nero pieno di acqua nera. Funzionano allo stesso modo degli incubi: ti colpiscono per un paio di secondi e poi se ne vanno, ma lasciano la loro traccia nella memoria.

Cosa significa per lei questo film?
Questo film mi ha insegnato in particolare a non giudicare le persone. Ciò che mi ha affascinato di questa storia e della stessa Vetrichelvi è stato il fatto di essere, allo stesso tempo, vittima di decenni di abusi della minoranza tamil in Sri Lanka e una carnefice, in quanto propagandista che ha avuto la sua parte di responsabilità nel reclutare giovani ragazze. Non è né buona né cattiva, ma una via di mezzo.

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(Tradotto dall'inglese da Rachele Manna)

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