email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

TRIBECA 2021

Thomas Robsahm • Regista di A-HA – The Movie

"Quello che mi piace dei documentari è che non sai mai esattamente quale piega prenderà il film"

di 

- Il cineasta norvegese rende omaggio a una delle band europee di maggior successo di tutti i tempi

Thomas Robsahm  • Regista di A-HA – The Movie
(© Birgit Solhaug)

Il documentario A-HA – The Movie [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Thomas Robsahm
scheda film
]
di Thomas Robsahm e della co-regista Aslaug Holm è presentato in anteprima nell’ambito del programma del Tribeca Film Festival di quest'anno. Il team ha creato un ritratto molto denso della nota band norvegese, che descrive la loro passione per la musica e il loro sogno di essere riconosciuti per questo. Il film è uno studio sulla creatività, sul successo e, infine, anche sui rapporti umani in generale. Abbiamo parlato con il regista norvegese della sua passione per la band e del suo approccio al documentario.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Cineuropa: Come è iniziata l'avventura con gli A-ha?
Thomas Robsahm: Si potrebbe dire che sia iniziato tutto nel 1982, quando ho saputo per la prima volta dell'esistenza della band. Negli anni ’80 ero anch’io un musicista e abbiamo sentito parlare di questi norvegesi che sono andati in Inghilterra e avevano l'ambizione di diventare delle pop star. All’epoca, la gente pensava che fossero pazzi: nessuno credeva che potesse succedere una cosa del genere. La Norvegia era ai margini dell'Europa: abbiamo ottenuto zero punti all'Eurovision Song Contest e non ci siamo mai qualificati in nessun tipo di competizione calcistica importante. Sembrava impossibile avere successo all'estero. E, in effetti, la prima versione della canzone "Take on Me" è stata un vero flop. Ma poi, la seconda è stata un grande successo e abbiamo iniziato a prendere sul serio gli A-ha. Con il loro secondo singolo, “The Sun Always Shines on TV”, sono rimasto davvero colpito anche a livello musicale. Si sono distinti dagli altri e da allora ho seguito la loro carriera. L'idea del film è venuta in seguito, dopo aver visto il documentario Let It Be sui Beatles. Nel 2009, ho parlato con Magne [Furuholmen] degli A-ha e gli ho confidato il mio desiderio di realizzare un film sulla registrazione del loro prossimo album in studio. L'idea per il film era di suo gradimento, ma mi ha rivelato che non ci sarebbe stato un "prossimo album", dal momento che la loro band si sarebbe sciolta. Poi sono tornati alla ribalta nel 2015 e ho iniziato a lavorare con loro nel 2016, nella costante speranza che facessero la registrazione che desideravo.

Nella sua animazione ha utilizzato l'estetica di alcuni video musicali della band. Come ha sviluppato il concept visivo del film?
Quello che mi piace di più dei documentari è che non si sa mai esattamente quale piega prenderà il film. Diverse erano le opzioni possibili: la mia idea era di stare in studio con loro, a registrare. In questo caso, avrei usato più telecamere e avrei avuto bisogno di meno filmati d'archivio. Dato che non ero sicuro che ciò sarebbe accaduto, ho dovuto decidere il concept visivo una volta terminate le riprese. Ho dovuto trovare il film in fase di montaggio, e ho usato le animazioni per illustrare il periodo in cui erano molto giovani, poiché non c'era molto materiale da utilizzare.

La sua percezione della band è cambiata durante la realizzazione del film?
Non molto. Da un lato, sono persone brave e molto simpatiche, ma in realtà solo se prese singolarmente. Non appena si ha a che fare con loro come band, diventa davvero molto difficile. È molto complicato avvicinarsi al gruppo: la band è come un figlio che hanno avuto tutti insieme, ma che non riescono a tenere sotto controllo.

Oltre ad essere un ritratto della band, il film è anche un documento storico su questa intera generazione norvegese ed europea. Ha trovato parallelismi con la sua vita privata e professionale?
Negli anni ’80 la Norvegia era più simile a un piccolo villaggio: nessuno conosceva Oslo. Gli A-ha ci hanno reso più europei e connessi al mondo. Per me, gli A-ha hanno cambiato la percezione della Norvegia per il mondo intero.

Quali sono gli aspetti più importanti della band che voleva trasmettere?
Che sono la band più sottovalutata nella storia del pop. Lo penso davvero, perché la loro musica è fantastica e meriterebbe un maggiore riconoscimento. Credo che questo sia dovuto in parte al fatto che sono norvegesi e non vengono dal Regno Unito o dagli Stati Uniti, e in parte al fatto che sono stati percepiti come una band per adolescenti, come lo erano all'inizio, ma erano anche una band molto ambiziosa e musicalmente avanzata. La gente non sa che dal vivo attirano ancora un pubblico più vasto rispetto a molte altre grandi band più conosciute. Tuttavia, hanno fatto alcune scelte sbagliate lungo il percorso e dovrebbero rispettarsi di più. In un certo senso, stanno sabotando la loro stessa eredità. Non è solo un film su una band, ma anche sull'amicizia e su quanto siano difficili da mantenere nel tempo le relazioni strette.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dall'inglese da Rachele Manna)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy