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CANNES 2021 Proiezioni speciali

Yé Yé • Regista di H6

“Volevo mostrare il comportamento dei cinesi verso la vita, la morte e l'amore”

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- CANNES 2021: La regista franco-cinese ci parla del suo nuovo film documentario, che ha girato in un grande ospedale di Shanghai

Yé Yé  • Regista di H6

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è un documentario diretto dalla regista franco-cinese Yé Yé, presentato come proiezione speciale al Festival di Cannes di quest’anno. La regista ha visitato il Sesto Ospedale del Popolo di Shanghai e ha seguito una serie di personaggi, tra cui pazienti e dottori. Nel documentario presenta le loro diverse difficoltà in modo delicato ma non sentimentale e oltre ad apportare una preziosa visione del servizio sanitario cinese, la regista raffigura anche i comportamenti sociali e gli atteggiamenti di queste persone verso la vita. Abbiamo parlato con la regista su come tratta il tema e sulla relazione che ha con i personaggi.

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Cineuropa: Com’è sorta l’idea del film e come ha trovato l’ospedale in cui l’ha girato?
Yé Yé:
Durante un certo tempo sono stata malata e sono dovuta andare all’ospedale in Francia. Lì ho realizzato quanto l’atteggiamento verso la malattia, la morte e i rapporti umani fosse diverso tra le persone francesi e cinesi. Ciò mi ha ispirato a fare qualche ricerca e a provare a catturare le particolarità cinesi basandomi sul contesto della medicina. Ho iniziato a raccogliere le esperienze dei miei amici e famigliari, poi sono venuta a sapere che si stava producendo una serie documentaria nel Sesto Ospedale del Popolo di Shanghai. È una serie destinata alla TV che aspira a informare le persone sulle diverse dinamiche dell’ospedale e sui requisiti che i pazienti e i dottori devono rispettare. La serie cerca di mostrare cosa causa le incomprensioni tra questi due gruppi, incomprensioni che in passato hanno già provocato un dibattito pubblico. Era una grande opportunità quella di poter seguire le riprese della serie e di produrre allo stesso tempo il mio proprio film. Il contatto con le persone era molto meno complicato di quanto lo sarebbe stato in un altro ospedale perché lì erano già abituati a essere filmati. È stato facile avere l’autorizzazione e siccome stavo girando con una videocamera più piccola ho anche potuto accedere a luoghi che in generale sono difficilmente accessibili. Questo ospedale era perfetto perché si trova nel centro di Shanghai e ospita una gran varietà di persone.

Come ha scelto le persone che voleva seguire?
Mentre si stava girando la serie, ho dato un’occhiata in giro e ho conosciuto varie persone presenti nell’ospedale poi ho abbozzato il mio progetto e definito i personaggi che volevo. Ci dovevano essere persone di tutte le età e appartenenti a diverse classi sociali. Avevo bisogno di un bambino, un adolescente, un adulto e, ovviamente, di una persona anziana, ma anche di un contadino o di qualcuno che provenisse dalla classe media. Ho quindi creato il mio “cast” e scelto i personaggi basandomi sulla base di questo schema.

Potrebbe spiegare in poche parole come funziona il servizio sanitario in Cina e perché la maggior parte dei pazienti deve pagare per l’assistenza sanitaria?
Ci sono diversi sistemi e diversi tipi di assicurazione sanitaria. Alcune assumono dei costi maggiori, altre no. Per gli incidenti, ad esempio, dipende dalla situazione: se non è un infortunio sul lavoro le assicurazioni potrebbero non coprire i costi. Normalmente i tassi sono invariabili ma si possono scegliere cure supplementari che costano di più e sarà il paziente a doverle pagare, come ad esempio se si scelgono dei materiali medici importati dall’estero.

Come ha sviluppato il concetto del film?
Ho finito la bozza della trama piuttosto in fretta. Sapevo che nel film volevo degli elementi di fiction. Ciò mi ha permesso di evitare grandi spiegazioni e di trasmettere invece l’esperienza nel miglior modo possibile. Secondo me era più commovente così. Allo stesso tempo volevo mantenere una buona distanza tra me e i personaggi. Dal punto di vista visivo, ho cercato immagini con la migliore qualità possibile, non m’interessava nessuno stile documentario specifico. Ho fatto la stessa cosa con il suono e la musica che ho scelto. Il tono del film doveva essere gioioso come le canzoni della band giapponese che ho utilizzato.

Secondo lei sarebbe difficile far vedere il film in Cina?
A dire la verità non penso. Non ho cercato di fare un film critico. Credo che, osservando la situazione da un punto di vista scettico o critico, dipende dall’esperienza occidentale dello spettatore. Infatti, attraverso questo film, mi piacerebbe permettere agli spettatori di capire meglio i cinesi. Volevo mostrare il comportamento dei cinesi verso la vita, la morte e l’amore.

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(Tradotto dall'inglese da Sara Baroudi)

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