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BERLINALE 2022 Panorama

Nicolò Bassetti • Regista di Nel mio nome

“Trovare quattro persone disposte a mettersi in gioco così tanto è cosa molto rara”

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- BERLINALE 2022: Il regista ci parla del coinvolgimento di Elliot Page come produttore esecutivo e dell’intensa esperienza umana nell’affrontare il tema della transizione di genere

Nicolò Bassetti  • Regista di Nel mio nome
(© Matteo Bassetti)

Abbiamo intervistato Nicolò Bassetti, regista del documentario Nel mio nome [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Nicolò Bassetti
scheda film
]
. Il titolo, in programma alla Berlinale all’interno della sezione Panorama, segue il complesso percorso di transizione intrapreso da quattro ragazzi italiani: Nico, Raffaele, Andrea e Leo.

Cineuropa: Com’è partito il progetto?
Nicolò Bassetti: Ho iniziato una notte di quattro anni fa, quando ho ricevuto una lettera da mio figlio Matteo. Viveva in Olanda e mi annunciava che stava per abbandonare le sponde dell’identità femminile per iniziare un viaggio. Cercava di rassicurarmi, chiedendomi di stargli affianco, di fidarsi di lui e seguirlo. Ovviamente, è stato un momento molto emozionante e profondo. Dopo poco tempo e dopo averlo accompagnato a fare la mastectomia, gli ho parlato in privato e gli ho chiesto: “Questa storia si può raccontare, secondo te?” E lui ha risposto: “Vuoi farci un documentario?” Gli ho detto: “Vorrei che lo facessimo insieme.” In poco tempo, è venuta fuori una struttura del film, molto semplice. L’idea era di sgombrare il tavolo da tanti pregiudizi e provare a raccontare la storia che stavo vivendo con mio figlio, dandogli voce. Poi c’è stato un lungo periodo di approfondimento. Matteo mi ha presentato una comunità transgender di Bologna, un gruppo molto avanzato che porta avanti tematiche di tipo nordeuropeo, spesso in conflitto con il grado di sviluppo della comunità LGBT e trans italiana. Ho seguito per quattro mesi i loro incontri per conoscerli di persona. Matteo è stato una sorta di assicurazione, di passepartout. Sono riuscito ad entrare nella comunità grazie ad un coinvolgimento privato, che mi garantiva dei fondamentali che altrimenti non mi sarebbero stati concessi. Pian piano, ho trovato questi quattro ragazzi che, oltre ad essere amici tra loro, hanno accettato di mettersi in gioco.

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Che tipo di connessione l’ha portata a scegliere proprio questi quattro ragazzi?
Ciò che mi ha colpito è la loro generosità. Trovare quattro persone disposte a mettersi in gioco così tanto è cosa molto rara. Ci siamo fidati reciprocamente. È chiaro che ci sono stati dei momenti difficili. Uno dei ragazzi, Nico, per esempio, fa interamente la transizione durante il film. Alla fine, Nico è un’altra persona, ha un’altra identità. Mi ha colpito anche la generosità di Raffaele. Ha messo in gioco la complessità della sua identità e del suo orientamento, essendo lui una persona trans ma anche gay. Poi c’è stata la generosità di Andrea, una persona queer che ha fatto l’operazione nel corso del film. E, ancora, la generosità di Leo, il quale ha deciso di raccontare se stesso attraverso la realizzazione di un podcast che parla della relazione tra la memoria infantile e adulta delle persone trans. Questo è un aspetto che ha vissuto anche mio figlio: ha un ricordo infantile che non è conforme. Per Andrea è un’ossessione, è laureato in filologia con una tesi sui rapsodi, i “trasportatori” di memoria orale dell’antica Grecia. Quando abbiamo deciso di fare il film insieme, ho chiesto ai ragazzi di portare un progetto dentro il film – Leo ha portato il podcast, Raffaele la bicicletta, Andrea la sua macchina da scrivere e Nico le sue esplorazioni nei luoghi in transizione.

Un aspetto interessante del film è che fa emergere delle riflessioni in maniera quasi casuale, molto quotidiana. Sembra di essere lì con loro, mentre chiacchierano, e una frase o uno spunto ironico inaspettato aprono delle domande importanti. Discostandoci da questo aspetto, com’è entrato a far parte del progetto Elliot Page?
Il merito è stato del produttore esecutivo Gaia Morrione. Ha detto: “Perché non facciamo vedere questo film a Page?” Le ho risposto: “Figurati se ha tempo di vedere un film come il nostro. Piccolo, indipendente… Sarà sommerso di progetti di tutti i tipi!” Lei ha insistito e ci ha provato comunque. Arrivare a Page non è stato facile. [..] Un membro del suo staff è rimasto molto colpito dal film – anche lui è una persona trans – e l’ha fatto vedere a Page. Dopo una settimana, Page ci ha ricontattato dicendo che gli era piaciuto tantissimo e ha chiesto cosa potesse fare per noi. È stato totalmente inaspettato.

Ci sono stati momenti in cui lei o i ragazzi avete pensato di abbandonare il progetto?
Sì, ci sono stati alcuni momenti: pochi, ma di grande difficoltà. Uno in particolare, all’inizio – non avevo praticamente girato niente – ma era già chiaro che stavo entrando nell’intimità della vita di ognuno. Nico mi ha scritto dicendomi che non sapeva se potesse farcela e sembrava volersi tirare indietro. Sono andato nel panico e ne ho parlato con gli altri ragazzi. Nico poi ha capito l’importanza [del progetto] e ha superato le sue paure. Gliene sono molto grato. Aveva in gioco la sua transizione, la sua relazione con Chiara, la sua identità... Non sapeva dove sarebbe arrivato... Lui si identifica come Nicolò “Two Spirits”, ovvero dal “doppio spirito”: è davvero una persona non binaria. Altri momenti difficili sono stati di minore importanza – qualche distonia nell’interpretare alcune necessità – e Matteo è stato fondamentale nel giocare il ruolo di mediatore.

Porterete questo film nelle scuole?
È la domanda delle cento pistole! Se ci riesco, le offro una pizza (ride)! Mi sembra un Everest, però se dovessimo farcela, ne sarei felice. Sarebbe un goal fantastico.

Come hanno reagito i ragazzi alla visione del film?
L’hanno visto una sola volta. Nico mi ha preso in disparte e mi ha detto: “Grazie, mi sono commosso, erano due anni che non riuscivo a piangere.” Quando fai la transizione, devi chiuderti a riccio e rinunciare ad una certa sfera emotiva per proteggerti. Leo non si aspettava il podcast rendesse così bene [sullo schermo]. Raffaele è stato silenzioso. Andrea mi ha abbracciato.

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