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Dušan Milić • Regista di Darkling

“Molti conflitti non sono stati risolti, c’è una perenne atmosfera di pericolo”

di 

- Il regista serbo ci parla del suo thriller ambientato dopo la fine della guerra in Kosovo

Dušan Milić • Regista di Darkling

Subito dopo la fine della guerra in Kosovo, la maggior parte delle famiglie di entrambe le nazionalità, serbe e albanesi, sono state sfollate; molte di loro ne sono uscite devastate fisicamente e psicologicamente. Chi è rimasto ha convissuto l'uno al fianco dell’altro, con un senso di paura costante e una diffidenza che ha alimentato la vendetta. E nei villaggi le persone hanno iniziato a svendere le proprie fattorie per sfuggire a nuovi conflitti. Questo è il punto in cui ha inizio Darkling [+leggi anche:
recensione
intervista: Dušan Milić
scheda film
]
di Dušan Milić, regista nato a Belgrado rivelatosi nel 2003 con Jagoda: fragole al Supermarket (prodotto da Emir Kusturica) e con il quale abbiamo discusso del suo nuovo film, che ha tutto l’aspetto di un thriller. Ambientato nel Kosovo del dopoguerra, Darkling segue i membri di una famiglia serba che vivono sotto la protezione dalle forze militari KFOR, ma quando cala la notte restano soli e sono assaliti da una terribile angoscia.

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Dopo il passaggio ai festival di Trieste (Premio del Pubblico) e Belgrado (Miglior Film e Migliore attrice Danica Curcic), Darkling è uscito a marzo in Serbia e inizia il suo tour distributivo nelle sale italiane dal 21 aprile con A_LAB in collaborazione con Lo Scrittoio.

Cineuropa: Lo sguardo spaventato della giovane protagonista del film, Milica (Miona Ilov), ci riporta in questi giorni a quelli delle bambine e bambini in fuga dalla Ucraina.
Dušan Milić: Questa guerra non è nulla di nuovo per noi, la situazione in Ucraina è praticamente la stessa che hanno vissuto le popolazioni della ex Jugoslavia 20 anni fa. I bombardamenti da parte della NATO hanno avuto lo stesso impatto nelle nostre zone. Molto probabilmente in questo preciso momento in Ucraina ci sono delle ragazze della stessa età della protagonista di Darkling che stanno vivendo quello che ha vissuto Milica nel film. Ci sono molti conflitti che non sono stati ancora risolti definitivamente. C’è sempre chi attacca e chi subisce, in una perenne atmosfera di pericolo incombente e di morte.

A differenza dell’attuale guerra in Ucraina, tutti ricordiamo quella in Jugoslavia come un conflitto tra vicini di casa, non solo per spinte nazionaliste ma per motivi etnici, religiosi e culturali. Il vicino diventava il nemico, il mostro. È questo che sta al centro del tuo film?
Se parliamo in generale, non solo di quella in Kosovo, è stata soprattutto una guerra civile pr motivi essenzialmente religiosi tra tre “vicini”: cattolici, ortodossi e musulmani. Dopo la morte di Tito la Jugoslavia ha cominciato ad andare in pezzi e dopo la caduta del muro sono esplosi i conflitti. Nel film sviluppo un’idea precisa. Quando vedi queste fiamme, questi incendi, per me sono la rappresentazione allegorica della “force majeure” che ha coinvolto tutti noi laggiù. C’è un conflitto tra serbi e albanesi ma la forza maggiore è come una sorta di ombrello su queste piccole entità che combattono l’una contro l’altra.

La guerra in Jugoslavia al cinema è diventato un genere a se stante, con tutta la drammaticità ed ironia balcanica. Tu hai scelto uno stile molto diverso, quello del thriller, per affrontare l’argomento. Perché questa decisione?
Non ho un approccio documentaristico, mi sento più a mio agio con la fiction, ma l’origine di questa storia era basata su fatti realmente accaduti a questa ragazzina. Ho semplicemente sviluppato tutti gli elementi che fossero necessari al mio approccio stilistico, che è di “genere”. Così ho deciso di mettere insieme questo tipo di elementi di genere perché pensavo che in questo modo il film potesse raggiungere una audience più ampia.

Il film è una coproduzione della Serbia con l’Italia, la Bulgaria, la Danimarca e la Grecia. Ci racconti come è nata?
Facendo ricerche nel Kosovo ho imparato che c’era, e c’è ancora, questa forza militare internazionale guidata dalla NATO, responsabile di ristabilire l'ordine e la pace. Le nazioni coinvolte allora erano Francia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti e Italia. I soldati italiani erano quelli che mostravano maggiore empatia e aiutavano la popolazione serba, e volevo sottolineare nel film questa differenza. Volevo dunque che ci fosse anche un attore italiano nel cast, nei panni di un soldato KFOR. Ho pensato ad una partecipazione produttiva dell’Italia e l’ho trovata a Trieste nel 2018, al forum di coproduzione di When East Meets West. Dopo l’Italia sono entrati nel progetto anche Bulgaria, Danimarca e Grecia.

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