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VENEZIA 2022 Orizzonti

Tizza Covi, Rainer Frimmel • Registi di Vera

“Cerchiamo sempre una contraddizione nei nostri protagonisti”

di 

- VENEZIA 2022: Con il loro nuovo lavoro, i registi italo-austriaci hanno realizzato un film semi-biografico sull'attrice italiana Vera Gemma

Tizza Covi, Rainer Frimmel • Registi di Vera
(© La Biennale di Venezia - Foto ASAC/Giorgio Zucchiatti)

Molti la conoscono come la figlia dell'attore italiano Giuliano Gemma, oltre che per i suoi abiti appariscenti e i suoi lifting. Ma, guardando a fondo, Vera Gemma non è solo la figlia di un personaggio famoso. Tizza Covi e Rainer Frimmel ne mostrano queste peculiarità nel loro film Vera [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Tizza Covi, Rainer Frimmel
scheda film
]
, presentato in anteprima nella sezione Orizzonti della 79ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.

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Cineuropa: Siete stati affascinati prima di tutto dalla persona, o siete davvero colpevoli di aver fatto un film su una figlia di una persona famosa?
Tizza Covi: La prima volta che l'abbiamo vista, l'abbiamo considerata poco interessante a causa del suo aspetto esteriore. Ma poi siamo rimasti affascinati da quanto sia simpatica e divertente. La questione che ci ha preoccupato di più è: come si percepiscono certe persone? È una donna a cui, in altre circostanze, sarebbe difficile dare un ruolo da protagonista. È questo che ci ha spinto a fare questo film.

Rainer Frimmel: Il fatto che sia la figlia di Giuliano Gemma è un puro caso. Ma a tale proposito, siamo colpevoli del fatto che avremmo fatto il film su di lei anche se non fosse stata la figlia di Giuliano.

Da un lato, il film parla di ideali di bellezza; dall'altro, è uno sguardo innovativo su ciò che significa essere figli del nepotismo.
T.C.: Come si arriva a essere così attenti alla bellezza? L'autrice spiega che essere grassi era peggio che essere tossicodipendenti. Che lei e sua sorella sono state costrette a rifarsi il naso. Che si sentiva sempre dire che era un peccato non essere bella come Giuliano Gemma.

R.F.: Ci interessa anche la contraddizione. Da un lato, non è esente da colpe per la sua immagine, a causa dei reality show a cui partecipa. Dall'altro lato, è una personalità fragile. È una contraddizione che cerchiamo sempre nei nostri protagonisti.

Come nel caso dei reality, anche qui non si sa mai cosa sia vero. È un paragone a cui vi sentite di opporvi?
T.C.: Noi scriviamo per i nostri protagonisti. Conosco Vera e ascolto le sue interviste. Quando mi dice che i suoi standard di bellezza si ispirano agli artisti trans, penso a come incorporarlo nel film. Come posso rendere giustizia a Daniel e ai suoi tatuaggi, o alla nonna che è cresciuta senza acqua corrente? All'inizio c'è un concetto, ma vengono inserite le storie dei protagonisti.

Vera non sembra mai veramente amareggiata o triste, anche se le sono successe molte cose brutte. Era così quando l'avete conosciuta?
T.C.: L'abbiamo conosciuta così, ma il punto di partenza è stata la sua autobiografia [il libro Le bambine cattive diventano cieche]. Nel libro descrive che ha ereditato molto e che tanto è andato ai fidanzati falsi. Ma allo stesso tempo dice che è colpa sua. Voleva tenere le persone intorno a sé e le ha riempite di soldi. È questo che mi affascina di Vera, che riesce a individuare questi meccanismi.

Ciononostante, il film ha una visione positiva. È una lettera d'amore al mondo del cinema italiano e a suo padre?
T.C.: Sì, assolutamente; lei adora suo padre. Non avrebbe mai una parola cattiva da dire su di lui. Penso che sia una dichiarazione d'amore a queste persone così diverse tra loro.

R.F.: Ognuno ha il suo fardello da portare, i suoi problemi.

T.C.: Trascorrere del tempo con loro, osservare il dietro le quinte e anche restituire loro qualcosa con il film: questa è la nostra vocazione più bella.

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(Tradotto dall'inglese da Alessandro Luchetti)

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