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VENEZIA 2022 Settimana Internazionale della Critica

Alex Schaad • Regista di Skin Deep

"La telecamera doveva ritrarre la vita interiore del personaggio principale"

di 

- VENEZIA 2022: Nell'opera prima del regista tedesco i protagonisti si mettono letteralmente nei panni dell'altro

Alex Schaad • Regista di Skin Deep
(© Olgavon Luckwald)

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, il film esordio del regista tedesco Alex Schaad, è stato presentato alla Settimana Internazionale della Critica alla Mostra di Venezia. Abbiamo parlato con il regista dell’idea dietro alla storia, di come è stata sviluppata e dell’estetica del suo film.

Cineuropa: Skin Deep ha un non so che di barocco, fin dall’inizio: lo si percepisce nel décor della stanza, nella musica e anche un po’ nei nomi dei protagonisti. Cosa ha ispirato questa scelta?
Alex Schaad: Non è stato totalmente premeditato. Sapevamo di voler creare qualcosa che non fosse un classico film di fantascienza, ad esempio, in cui si usano tecnologie speciali o che sia ambientato nel futuro. Volevamo sembrasse senza tempo. Volevamo dare al film il carattere di una favola moderna. Ovviamente, poi, l’estetica è stata anche influenzata dal luogo in cui lo abbiamo girato.

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Quale è stata la motivazione dietro al film?
Il presupposto era fare un film sulle relazioni. Ma non volevamo fosse un film romantico, kitsch, una fiaba smielata. Volevamo parlasse delle reali difficoltà che si affrontano in una relazione. Per esempio, una delle domande che ci siamo posti è se una relazione possa andare avanti quando una delle due parti attraversa una trasformazione importante; siamo ancora “noi”, o diventiamo un nuovo costrutto, con nuove regole e un nuovo rapporto di potere? Ovviamente, utilizziamo questo espediente come un mezzo per insegnare l’empatia. Lo spettatore si ritrova nella posizione unica di dire “finalmente capisco come ci si sente, onestamente e intimamente. Perché posso sentirmi nel tuo sistema biochimico e ormonale. Certamente, se fossi fisicamente diverso e più alto di 20 cm mi sentirei diversamente, poiché tutto ha un impatto su come mi sento”.

Come si è sviluppata la storia?
Abbiamo dovuto fare vari tentativi, ci sono state diverse versioni del copione. Siccome non ci sono film simili a questo, non avevamo veri e propri punti di riferimento a cui ispirarci. Abbiamo dovuto capire cosa davvero ci interessasse e cosa avremmo potuto raccontare. Per noi era importante narrare le dinamiche di diverse coppie. Ma anche solo questo, di per sé, è stato un processo che ha comportato diversi fallimenti.

Vi siete ispirati anche alla tematica delle comunità religiose e sette?
Quando stavamo scrivendo il film, non abbiamo pensato troppo a come tutto sarebbe venuto fuori. Quando ho preso in carico il ruolo di regista, era più una questione di trovare tematiche per il film. Queste erano battesimi ad immersione totale, canti gregoriani, cerimonie dell’ayahuasca, l’occulto e il sacro. Abbiamo cercato tematiche che potessero essere familiari, e poi abbiamo utilizzato il familiare per creare un nuovo mondo. Ma tutto questo non era dettagliato nel copione.

Non è la prima volta che suo fratello Dimitrij Schaad ha recitato nei suoi film e co-scritto il copione. Potrebbe descrivere il lavoro che fate insieme? Ad esempio, avete ruoli fissi?
Lavoriamo assieme da quando mi sono iscritto alla scuola di cinema. Per tutto quello che facciamo, anche lavori individuali, ci scambiamo idee perché ci conosciamo molto bene e perché ci completiamo e abbiamo un onesto interesse l’uno nell’altro. Dimitrij è quello che scrive. Io sono il lettore della prima bozza; pensiamo insieme. A volte, io faccio il regista. Ma dipende principalmente dal progetto e da cosa vogliamo realizzare. Non abbiamo ruoli fissi. In scena, però, quando Dimitrij è attore, manteniamo una divisione canonica e una gerarchia artistica. Questo è il momento più complicato perché, lavorando mano a mano, ci sono momenti in cui io devo prendere decisioni che possono andare contro al copione.

Quali sono stati gli aspetti più importanti per il concetto visivo del film?
La performance e i personaggi sono il focus principale. Non avrebbe mai funzionato se ci fosse stata una telecamera intrusiva che richiedeva troppa attenzione. La telecamera doveva ritrarre la vita interiore della protagonista, Leyla. Il momento in cui si sente libera, anche la camera è più libera; quando Leyla si sente vincolata, anche la camera diventa più limitata, più statica.

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(Tradotto dall'inglese da Viola Bellei)

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