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SAN SEBASTIAN 2022 Perlak

Juan Diego Botto • Regista di En los márgenes

“Il primo dovere del cinema è non annoiare”

di 

- L’attore debutta alla regia di un lungometraggio con un dramma sociale interpretato da Penélope Cruz, che è stato presentato a Venezia e fa tappa a San Sebastian

Juan Diego Botto • Regista di En los márgenes

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, film con protagonisti Luis Tosar e Penélope Cruz (qui anche in veste di coproduttrice), è proiettato nella sezione Perlak del 70° Festival di San Sebastian dopo la sua recente anteprima mondiale all'ultima Mostra del Cinema di Venezia, nella sezione Orizzonti. Abbiamo parlato con il suo regista, Juan Diego Botto, volto popolare grazie a titoli come Historias del Kronen, Silencio roto [+leggi anche:
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e la serie White Lines.

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Cineuropa: Prima di En los márgenes, ha diretto il segmento Doble moral di ¡Hay motivo! e un episodio (Gourmet) della miniserie Relatos con-fin-a-dos. Queste esperienze le hanno dato la forza per affrontare un lungometraggio, o affrontare un esordio del genere ti fa sempre venire le vertigini?
Juan Diego Botto:
Ovviamente ti fa girare la testa, ma feci il mio primo film come attore quando avevo cinque anni e ora ne ho 47, quindi ne ho 42 di mestiere. Ho passato molti anni a guardare i registi, essere sul set di un film, imparare, assorbire, cercare di capire com'è questo mestiere della narrazione: ho accumulato tanta esperienza. Ovviamente, non è lo stesso che prendere le decisioni da soli. È una responsabilità immensa quando devi rispondere a tutte le domande a cui rispondi quotidianamente su un set, dal colore di una giacca o se utilizzerai una camera a mano o un travelling… mille domande quotidiane. Ma durante il processo di preparazione, mentre parlavo con molti amici registi, Raúl Arévalo mi ha detto qualcosa che si è avverato: "Quando sei molto immerso in una storia, le risposte vengono da sé". La natura della storia lo richiede. E sì, è vero che quel gioco che abbiamo fatto con Luis Tosar e un cellulare in Relatos con-fin-a-dos è stata una bella pratica.

Suppongo che essere circondato da amici e familiari nel suo primo film le abbia dato sicurezza. Ma come si fa a mantenere il senso critico e l'obiettività quando c'è un legame sentimentale simile con una parte della squadra?
Devi essere all'altezza del compito di dirigere Penélope Cruz, e la stessa cosa vale con Tosar. Ho vissuto come un'enorme responsabilità il fatto che due attori della loro statura si fidassero di un testo che avevamo scritto e di me per dirigerlo. Quando ho visto il montaggio finale, mi sono reso conto che il lavoro degli interpreti era molto forte. Per quanto riguarda il materiale emotivo che abbiamo gestito, volevo che fossero coinvolti nella storia ed è per questo che abbiamo coinvolto le persone che avevamo incontrato mentre scrivevamo la sceneggiatura e che erano state sfrattate. Li abbiamo invitati a sedere con la troupe e abbiamo chiesto loro di raccontare le loro storie: quando hanno finito, tutti piangevano e avevano capito perché stavamo girando questo film. Ciò ha fatto sì che le persone fossero più coinvolte ed eravamo tutti sulla stessa lunghezza d’onda.

Vuole che lo spettatore guardando En los márgenes veda qualcosa che ultimamente non compare sui media?
Credo che ogni film debba funzionare come tale, a prescindere da qualsiasi intenzione possa avere: l'arte deve funzionare come arte. Il primo obbligo del cinema è quello di non annoiare, di mantenere l'interesse dello spettatore, e da lì si può parlare di seconde motivazioni. Speriamo che il film provochi anche una riflessione su un aspetto della nostra realtà che sembra dimenticato, perché cronico: gli sfratti sono diventati una cosa di tutti i giorni. Se il film provoca quello sguardo nello spettatore, tanto meglio.

Forse è il personaggio di Luis Tosar quello che le somiglia di più…
È vero che molte persone possono identificarsi in lui per essersi dato così tanto agli altri o per aver investito così tanto nella sua carriera da dimenticare la sua vita personale. Per me, il viaggio di quel personaggio con il figliastro è ciò che mi commuove di più nel film.

Nel cortometraggio Una noche con Juan Diego Botto scherzava sul suo attivismo politico… Non bisogna prendersi troppo sul serio?
Bisogna prendersi sul serio, ma non troppo. Quando ti impegni in qualcosa, devi farlo fino alla morte, ma anche saper ridere di te stesso, dei tuoi successi e fallimenti. Togliendo quattro cose essenziali della vita, che hanno a che fare con l'affetto e la cura dei propri cari, tutto il resto va sempre messo in prospettiva, e ridere di sé stessi è una parte fondamentale della vita in generale e di questa professione in particolare.

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(Tradotto dallo spagnolo)

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