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SAN SEBASTIAN 2022 Zabaltegi-Tabakalera

Carlota Pereda • Regista di Cerdita

“Voglio denunciare la violenza normalizzata e istituzionalizzata”

di 

- Dopo essere stato presentato al Sundance e prima di passare per Sitges, il brutale e sanguinoso primo film di questa regista è in programma nella sezione più audace di San Sebastian

Carlota Pereda • Regista di Cerdita
(© SSIFF/Pablo Gómez)

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, primo lungometraggio di Carlota Pereda, succedono cose che non si possono scordare facilmente. Ecco perché il suo film ha un tale impatto, e non manca di affrontare anche temi sociali utilizzando un genere mutante come l'horror. La regista ha trovato un buco per noi nella sua agenda durante il Festival di San Sebastian, dove partecipa nella sezione Zabaltegi-Tabakalera.

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Cineuropa: Dove ha trovato la forza per debuttare con un film così folle, coraggioso e diverso?
Carlota Pereda:
Alla casa di produzione Morena Films mi hanno detto di girare il film che volevo, e questo è oro. E d'altra parte, penso che se hai intenzione di chiedere alla gente di stare seduta in una sala per 90 minuti, devi essere il più onesto possibile con te stesso e con la storia, e girarla a ruota libera.

È sorprendente che sia stato girato in Estremadura…
Per scherzo, durante le riprese dicevamo che lì nessuno può sentirti urlare: l'Estremadura ha ogni tipo di paesaggio ed è poco vista al cinema, mi sembra così meravigliosamente cinematografica... E c'è ancora molto da raccontare di quella regione, anche se Luis Buñuel lo ha già fatto molto tempo fa.

Quella terra ha anche una luce e un'estate dove si sentono costantemente i grilli.
Il suono è una delle cose più interessanti del cinema: le cicale erano presenti dall'origine del cortometraggio Cerdita, da cui è nato questo film.

"Città piccola, grande inferno", si suol dire. Tutto è ingigantito in una località piccola? Alcuni conflitti si diluiscono in una grande città?
È più facile evadere in una città, anche se ora con i social non c'è via di scampo. Ma è vero che nelle piccole città le persone con cui vai a scuola sono le stesse che ritrovi in piazza e non c'è scampo.  

I social network, come si vede in Cerdita, possono avere un lato crudele, soprattutto per i paragoni che tanto influiscono sull'adolescenza...
È che ci confrontiamo continuamente e i social ti fanno confrontare ancora di più. Prima erano i famosi a farlo, ora tutti cercano di fingere: è sconvolgente, non riesco a immaginare cosa significhi essere un adolescente adesso, in questa situazione. In rete mi sono imbattuta in persone LGBTI simili, persone che non hanno nulla in comune con te, persone che ti somigliano o magari vedi una finzione che riflette la tua vita, ma è anche un terreno fertile per il bullismo.

Allo stesso tempo, quando hai un fisico non normativo puoi sentirti escluso.
La gente commenta le foto, senza rendersi conto che ha un impatto reale e le parole non cadono nel vuoto. Chi dice cose brutte su internet, perché lo fa? Se non ti piace una foto, stai zitto.

Perché usare il genere horror per raccontare questa storia di bullismo?
Perché questo genere mi dà molta libertà formale e tematica: ti permette di infrangere i limiti del cinema realistico ed essere più libero, andare oltre, essere più interessante e divertente durante le riprese.

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, ma sono stata molto influenzata da Trouble Every Day di Claire Denis, che parla di tutto ciò che tratta Raw e anche del corpo e del desiderio. Mi affascina anche ¿Quién puede matar a un niño?, un film horror ambientato in Spagna, d'estate e in una città: un capolavoro assoluto. Anche Non aprite quella porta, forse perché ci hanno detto che era tutto vero: mi spaventava ancor prima di vederlo e quando l'ho visto mi ha terrorizzato, con quel caldo, quella polvere e quella realtà che le immagini trasmettono... Allo stesso modo, Eden Lake [+leggi anche:
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e Un tranquillo weekend di paura. Insomma, tanti film… e per il modo di girare, Alfred Hitchcock: il maestro assoluto.

Una donna che dirige un horror fa notizia, visto che siete così poche.
In Spagna, a girare lungometraggi siamo Denise Castro, Macarena Astorga, Alice Waddington ed io, poi ce ne sono molte che fanno cortometraggi. Tutti mettiamo ciò che siamo nei film che facciamo, e qui è importante che sia una donna. Non mi dispiace sottolinearlo: fa parte di ciò che sono come autrice.

Inoltre, ora va molto di moda anche il rurale, ci sono Alcarràs [+leggi anche:
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 in questo stesso festival.
Parliamo di ciò che conosciamo: di chi siamo.

Però il suo film, come As bestas [+leggi anche:
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di Rodrigo Sorogoyen, mostra una campagna poco idilliaca.
La violenza è strutturale, per questo non voglio parlare solo di bullismo, ma di tutta la violenza istituzionalizzata e normalizzata, come le corride, che rende possibili certi eventi terribili.

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(Tradotto dallo spagnolo)

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