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SAN SEBASTIAN 2022 Concorso

Sebastián Lelio • Regista di Il prodigio

“È nostra responsabilità scegliere ciò in cui vogliamo credere, perché ciò in cui crediamo è ciò che creiamo”

di 

- Il regista cileno presenta un film dall'aria classica che utilizza le risorse del linguaggio cinematografico per trattare temi di stretta attualità

Sebastián Lelio • Regista di Il prodigio
(© SSIFF/Jorge Fuembuena)

Il 70° Festival di San Sebastian ha ospitato la proiezione di Il prodigio [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Sebastián Lelio
scheda film
]
, un brillante lavoro dell’acclamato regista cileno Sebastián Lelio. Attraverso la storia di un'infermiera (interpretata dalla sempre solida Florence Pugh) che lotta contro l’ingiustizia per salvare la vita di una ragazza (la rivelazione Kíla Lord Cassidy), il regista esplora questioni profonde, urgenti e di grande attualità nel mondo di oggi. Parliamo di tutto questo con lui in questa intervista.

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Cineuropa: Ho l'impressione che questo sia il suo film più classico sotto molti aspetti e che introduca un dispositivo sorprendente all'inizio per rompere con quel classicismo. Cosa ne pensa?
Sebastián Lelio: Non l'ho pensato esattamente in questi termini. Il film ha una certa classicità ma credo che a questo punto, dopo gli anni '60 del secolo scorso, aprire con un gesto brechtiano sia classico anch’esso. Penso di lasciare al pubblico la decisione se questo film è più o meno classico dei precedenti.

In questo film, ambientato a metà del XIX secolo, vediamo un corpo femminile usato come arma politica, cosa che continua ad accadere ancora oggi. Era intenzionale da parte sua affrontare un argomento del genere in questo momento?
Nel film c'è un corpo femminile in discussione, che vuole essere controllato da narrazioni estranee a quell'esistenza. Non si tratta della ragazza, l'unica cosa che non importa è lei, si tratta di ognuno che porta l'acqua al proprio mulino, le loro narrazioni che si impongono distorcendo la realtà. E questa è ancora una volta la definizione della posizione fanatica. Questo è un film che si inserisce nel mondo di oggi, e parla di oggi. Il fatto che sia d’epoca fa parte del gioco, dell'artificio, non è il punto. Non è il 1862, succede da sempre, prima del 1862, nel 1862, succede oggi e, a meno che non ci liberiamo del cancro del fanatismo in tutte le sue forme, continuerà ad accadere.

C'è un momento in cui Lib, la protagonista, dice qualcosa secondo cui sta cercando fatti e non storie. Come si collega questo con il fatto che tutto il discorso pubblico oggi sembra più controllato dall'importanza di una buona narrativa e meno dalla verità?
Viviamo in un mondo in cui tutto è racconto, operiamo con le storie, ne abbiamo bisogno. Il punto è che abbiamo bisogno di storie migliori, non per poterci liberare da esse, ma per usarle come uno strumento su cui abbiamo il libero arbitrio. Qui sta la differenza fondamentale tra una storia ereditata di default e una storia scelta. Ed è ciò che ottiene Lib, liberando la ragazza dal suo immaginario con i suoi strumenti concettuali, salvandola dalla storia in cui è in qualche modo intrappolata per eredità. Non credo che possiamo esistere senza storie, siamo animali affabulatori, il punto è che la qualità delle nostre storie informa la qualità del nostro sviluppo della coscienza. Ed è molto facile tornare indietro, perché uno dei discorsi più potenti è il fascino del fascismo. Il fascismo funziona perché è molto rapido, molto facile, l’imitazione cieca del leader totalitario, e altri pericoli diventano più estremi con la diffusione della tecnologia. Penso che il film ci avverta del potere di ciò in cui crediamo. È nostra responsabilità scegliere ciò in cui vogliamo credere, perché ciò in cui crediamo è ciò che creiamo.

È inevitabile parlare di Florence Pugh, che nel suo film dimostra ancora una volta un talento che sembra illimitato, e anche della rivelazione Kíla Lord Cassidy. Com'è stato lavorare con le due attrici?
Il viaggio di Lib è estremo, è una persona che trascende la propria razionalità e commette un atto irrazionale per salvare la ragazza. Quando Florence ha accettato di incarnare Lib per me è stato un trionfo, perché pensavo che avessimo già un film, con la sua presenza, il suo magnetismo e la sua capacità di portarci dalla sua parte. La accompagniamo nel suo processo mentale e siamo sempre al suo fianco. E non tutte le attrici ci riescono. Poi c'è Kíla Lord Cassidy, l'altra benedizione di questo film. Abbiamo visto 100 provini durante il casting e quando ho visto quello di Kíla sono rimasto senza parole. Aveva 11 anni quando l'abbiamo vista. Le due danno vita a un duello interpretativo incredibile. È stato fantastico trovare una ragazza con quel livello di intuizione e impegno, in grado di tenere testa a Florence. È molto interessante vedere un film con due interpreti che difendono i propri personaggi in una specie di duello che riempie il film di elettricità.

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(Tradotto dallo spagnolo)

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