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Romania / Francia / Belgio / Svezia

Cristian Mungiu • Regista di Animali selvatici

"Devi sfidare tutte quelle regole che in teoria sono alla base della narrazione"

di 

- Il cineasta rumeno decifra il suo magistrale film, affresco perfetto presentato in concorso all'ultimo Festival di Cannes

Cristian Mungiu • Regista di Animali selvatici

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, il pluripremiato regista rumeno Cristian Mungiu si immerge nel cuore di un piccolo villaggio della Transilvania che riflette i mali e le scelte individuali ed europee  contemporanee. Incontriamo il maestro a Parigi prima dell'uscita del suo film in Francia tramite Le Pacte il 19 ottobre.

Cineuropa: Animali selvatici è ricco di  personaggi e tratta molti argomenti. Qual era l'idea di partenza?
Cristian Mungiu: Tutto è nato da un incidente reale avvenuto in Transilvania nel 2020. Sono stato colpito, come molti, dal fatto che questo tipo di incidente xenofobo sia avvenuto nel cuore di una minoranza. Si sarebbe detto che una minoranza, proprio perché tale, avrebbe avuto più simpatia per un'altra minoranza, ma era vero il contrario. Poiché vogliono preservare la loro cultura, hanno sempre lottato per le tradizioni storiche ungheresi, in questa regione preferiscono non essere aperti, non solo ai rumeni, ma a chiunque. Ho seguito il caso, ma ho iniziato a pensare di farne un film solo quando ho individuato molti altri temi potenziali.

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Attraverso la storia di questo piccolo villaggio, il film parla dello stato del mondo contemporaneo, di noi come individui molto tribali, che hanno bisogno di identificarsi con un gruppo, di vedere gli altri come potenziali nemici e, non appena qualcosa va storto, di cercare un colpevole tra coloro che non appartengono al gruppo. Ho pensato che questa storia riflettesse l'ansia per il futuro che c’è oggi. Siamo sommersi da informazioni sul riscaldamento globale, sulle nuove forme di migrazione, sulla lotta per le risorse naturali della Terra sempre più limitate, ecc. A poco a poco, tutto questo sta creando persone ansiose che non sanno più quale sia il messaggio migliore da trasmettere nell'educazione dei loro figli. E questo porta a un conflitto interiore tra il nostro lato umano empatico e il nostro istinto primario di sopravvivenza. È uno scontro perché ci piace pensare di essere molto superiori agli animali, ma in realtà siamo animali perché la parte del nostro cervello plasmata dall'educazione e dalla cultura è un minuscolo strato superficiale che si è aggiunto negli ultimi 5000 anni a milioni di anni di istinti primordiali, e nelle situazioni critiche gli esseri umani prendono decisioni influenzate da questa parte più profonda. È evidente che si tratta di un tema universale e abbastanza importante da farci un film.

In che modo ha deciso di ritrarre dei personaggi così complessi?
Ho cercato di evolvere il mio approccio al cinema, di essere meno comprensivo nei confronti dei personaggi, in un certo senso di essere più rispettoso nel modo in cui affrontavo i temi difficili che trattavo. Uno di questi è il modo in cui le persone si trasformano da individui in una componente della folla. Nel film, dopo essersi riuniti in chiesa, i cittadini marciano verso il municipio ed è allora che diventano una folla, quando iniziano a perdere la loro individualità, il che scatenerà le conseguenze più tragiche della storia. Durante la post-produzione, è iniziata la guerra in Ucraina, che mostra quanto le persone siano irragionevoli e quanto poco abbiano bisogno di rivelare i loro lati crudeli, per uccidere, torturare o stuprare coloro che il giorno prima erano i loro vicini. E in nome di cosa? Le più piccole differenze esaltate dalla propaganda sono sufficienti a far pensare che le persone non facciano parte dello stesso gruppo e della stessa tribù. Nel mio film parliamo di un gruppo di persone che storicamente parlano la stessa lingua, ma questo non conta più. Se si aggiungono la religione, il colore della pelle, i conflitti storici, la situazione si complica ulteriormente. Spero che il film funzioni come un'istantanea di ciò che percepisco come uno scorcio di mondo, anche se si tratta di meccanismi molto complessi da catturare in pellicola. L'importante per me è che sia rilevante, non necessariamente solo ora, ma quando si guarderà il film tra cinque anni, tra dieci anni, tra 25 anni, e che io sia riuscito a catturare quell'ansia, quella confusione.

In effetti, ho scelto di fare qualcosa che va molto contro i principi della narrazione. Tutti si aspettano che un film segua certe regole, che il protagonista si evolva, che alla fine si capisca di più che all'inizio, ecc. Ma la vita e la realtà non sono così e le persone non cambiano in quindici giorni. Tutto è molto più complicato. Se vogliamo ispirarci alla realtà e avvicinarci ad essa, dobbiamo sfidare tutte queste regole che in teoria sono alla base della narrazione. Per quanto riguarda il protagonista, volevo che all'inizio fosse molto ansioso e che proiettasse tutta l'ansia su suo figlio, ma alla fine è ancora molto confuso, tra due mondi. Il mio obiettivo era quello di trattare temi astratti, quindi è stato complicato, perché nel cinema bisogna passare attraverso il concreto. Si spera sempre che faccia riflettere lo spettatore, anche se attualmente il pubblico è un po' pigro perché poco esposto a quel tipo di cinema che richiede di raccogliere elementi e porsi il problema del punto di vista. Non voglio dare una conclusione a ciò che lo spettatore vede e non voglio dare un giudizio, voglio presentare una situazione molto complessa, come accade, perché accade e quali sono le conseguenze. Spetta allo spettatore avere un giudizio morale e capire perché i protagonisti hanno reagito in un certo modo. Inoltre, molti elementi del film hanno significati astratti, come la foresta che circonda il villaggio, che rappresenta il livello del subconscio: un buio infinito, che risveglia la paura. Ciò riecheggia il fatto che il protagonista, in ultima analisi, oscilla tra questi due mondi: il nostro lato animale più oscuro e quello più luminoso dell'amore, dei colori, della musica. Cosa farà? Non lo so. L'obiettivo è far sì che lo spettatore guardi la storia di qualcun altro, ma allo stesso tempo farlo riflettere sulle proprie scelte. Cosa farebbe in questo mondo in cui è prigioniero di questi conflitti.

Il tema del dilemma è piuttosto ricorrente nel suo cinema.
Sì, perché non credo nelle scelte morali chiare. Come esseri umani, abbiamo la libertà di decidere con la responsabilità di assumerci i risultati delle nostre decisioni. E nessuna decisione ci porta solo sulla strada che preferiremmo: questa è la difficoltà di navigare nella vita. R.M.N. continua anche il dilemma affrontato in Baccalauréat: cosa insegnerete ai vostri figli sul futuro che li attende? A essere vincitori? Sopravvissuti? Combattenti? A essere i primi a correre quando scoppia l'incendio? O essere educati? I genitori hanno sicuramente sempre paura per i loro figli, ma l'ansia aumenta con il protraris delle crisi che stiamo vivendo.

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(Tradotto dal francese)

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