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SUNDANCE 2023 Concorso World Cinema Documentary

Lin Alluna • Regista di Twice Colonized

"Volevamo scuotere, colpire e abbracciare il pubblico con questo film"

di 

- La regista danese racconta come ha realizzato il suo complesso documentario in stretta collaborazione con il protagonista, Aaju Peter

Lin Alluna • Regista di Twice Colonized
(© Louise Leth Espensen)

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della regista danese Lin Alluna ha ricevuto il premio Cineuropa Marketing per il miglior progetto del CIRCLE Women Doc Accelerator al festival DOK Leipzig 2020 (vedi intervista) ed ora è stato presentato in anteprima mondiale al World Cinema Documentary Competition del Sundance. La regista ci racconta come ha girato questo film complesso, per il quale ha collaborato strettamente con la protagonista, Aaju Peter.

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Cineuropa: Il sottotitolo del libro di Aaju Peter, che possiamo vedere sullo schermo del suo computer, è: "È possibile cambiare il mondo e curare le proprie ferite allo stesso tempo?" Come sei riuscita a trovare l'equilibrio tra questi due aspetti del film?
Lin Alluna: Il mio obiettivo è realizzare film personali, politici e poetici su donne interessanti che lottano per cambiare il mondo. Aaju per me è un’eroina, perché ci indica un futuro migliore gettando una nuova luce sulla nostra storia. Uno dei motivi per cui mi sono innamorata di lei è che, durante le riprese, insisteva perché non riprendessi solo i suoi successi sul palcoscenico, ma anche le sue battaglie personali, il che si adattava totalmente alla mia visione di regista. Solo Aaju sa cosa ha passato, ma condividendo il suo percorso personale ci dà la forza di credere in noi stessi e nella nostra capacità di fare la differenza, indipendentemente da chi siamo o da cosa abbiamo passato.

Trovare il giusto equilibrio è stata una grande sfida. Io e il montatore Mark Bukdahl abbiamo scherzato sul fatto che il film doveva essere “un mix tra Hollywood e il cinema europeo". Con questo film volevamo scuotere, colpire e abbracciare il pubblico, offrendogli un assaggio del viaggio che vediamo in Aaju, insistendo sul significato di ogni frame e di ogni suono.

Avete optato per un mix di osservazione, interviste e fiction, in cui Aaju è anche sceneggiatrice. Questo è in linea con le tradizioni indigene di lavoro collettivo. Come avete lavorato insieme?
Sono sempre stato interessatq a collaborare e a superare i confini della realtà con il protagonista, quindi fin dall'inizio è stato naturale che Aaju fosse accreditata come sceneggiatrice. Durante le riprese, ho fatto del mio meglio per avere la flessibilità per muovermi nella direzione che mi sembrava giusta per Aaju in quel momento e sviluppare le scene con lei. Questo significa che abbiamo cambiato i piani spontaneamente, il che ha reso più impegnativo il lavoro del team di produzione. Allo stesso tempo, mantenere un dialogo costante con Aaju su cosa e quando girare (e perché) è stata una parte essenziale di questo processo.

Sono molto felice che i produttori Emile Hertling Péronard, Alethea Arnaquq-Baril, Stacey Aglok e Bob Moore abbiano lottato così duramente per rendere possibile questo approccio collaborativo all'interno dei sistemi di finanziamento. Come regista, può essere terribile non avere il pieno controllo del film sul set o in fase di montaggio, ma io e Aaju ci siamo sostenuti a vicenda per far funzionare il film, unendo i nostri talenti individuali.

Per quanto tempo avete lavorato al film e quali sono stati gli ostacoli principali?
Abbiamo lavorato al film per sette anni. Come donna bianca danese, faccio parte della colonizzazione che Aaju ha subìto e voglio sfruttare l'opportunità di questo film per affrontare alcune delle conseguenze attuali della colonizzazione. Aaju si è assunta l'enorme compito di costruire un futuro migliore per le sue nipoti cambiando le strutture politiche a livello globale e il nostro obiettivo è che questo film contribuisca in qualche modo al lavoro di Aaju per garantire che le popolazioni indigene abbiano un posto nella politica europea.

Può parlarci un po' della musica e del sound design? Sono elementi che giocano un ruolo molto importante nel film.
L’elemento struggente del sound design è stato plasmato e inserito nel montaggio dallo stile dinamico di Mark. È stato un vero piacere vedere come il film è stato integrato nell'universo sonoro creato da Benoît Dame e Catherine Van Der Donckt, perché ha avvolto l'opera in modo così elegante.

Quando abbiamo deciso di trasformare una scena in una sequenza onirica con questo magico commento sonoro, la maggior parte delle musiche di Olivier Alary e Johannes Malfatti era già stata completata e l'artista Celina Kalluk, con il suo canto di gola, era diventata un'eco del viaggio interiore di Aaju nel film, così le abbiamo chiesto di registrare le frasi in inuktitut (la lingua parlata dal popolo Inuit, ndt), il che ha reso il tutto ancora più profondo. Sono estremamente grata di aver avuto l'opportunità di lavorare con artisti come lei. La sfida di ripensare quella scena è stata un regalo di cui non sapevamo di aver bisogno, ma alla fine ha contribuito a migliorare il film.

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(Tradotto dall'inglese)

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