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BERLINALE 2023 Concorso

Emily Atef • Regista di Someday We’ll Tell Each Other Everything

“Il cinema deve essere il più sensuale possibile”

di 

- BERLINALE 2023: Abbiamo parlato con la regista franco-tedesca del suo adattamento del romanzo storico di Daniela Krien sotto forma di racconto di formazione

Emily Atef • Regista di Someday We’ll Tell Each Other Everything
(© Alamachere)

La regista franco-tedesca Emily Atef ha presentato il suo nuovo film, incentrato su una protagonista femminile interpretata da Marlene Burow, nel concorso della Berlinale di quest'anno. In Someday We'll Tell Each Other Everything [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Emily Atef
scheda film
]
, seguiamo una giovane ragazza pronta a rinunciare a tutto per amore. Abbiamo parlato con la regista dei suoi personaggi e del suo amore per la natura.

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Cineuropa: Cosa ti ha affascinato del lavoro di Daniela Krien al punto da spingerti a trasformarlo in un film?
Emily Atef: Quando ho letto il romanzo, ho visto subito un film davanti a me. Il libro è scritto in modo così cinematografico, così sensuale: la calda estate, gli insetti, i corpi, il sudore, il sentimento di desiderio di Maria, l'emancipazione di questa giovane ragazza. Questo mi ha interessato e ispirato.

Il libro è scritto in prima persona. Quando hai deciso che il film non sarebbe stato raccontato in prima persona?
Per me è ancora una prospettiva in prima persona: è la sua prospettiva su quell'estate e su quella relazione, ma senza parole. Ed è stata proprio questa la sfida: raccontare tutto senza che lei parlasse, senza una voce fuori campo. Il cinema è immagini; il cinema deve essere il più sensuale possibile. La relazione tra Maria e Henner esiste comunque senza molte parole. Si parlano appena, eppure capiamo il loro desiderio reciproco. Capiamo che si tratta di un amour fou che, come ogni amour fou, non può che finire tragicamente.

Come hai lavorato con l'attrice per darle quest'aria misteriosa?
Ho visto molte ragazze, 60 in tutto. Cercavo una persona che avesse un'aria di semplicità. Il personaggio ha un'anima antica, anche se è molto giovane. Marlene Burow ha una forza che conferisce al ruolo una sorta di determinazione. Bisogna credere che sia lei a volerlo e non che sia stata manipolata. È anche molto minimalista nella sua recitazione, il che era importante per questo ruolo. Inoltre, ci siamo preparati con cura. Ha letto molto, ha tenuto un diario, abbiamo parlato molto e abbiamo discusso della sua storia. Il romanzo è ovviamente fantastico per un'attrice perché contiene molti dei pensieri del personaggio. Poiché non parla molto, sembra particolarmente misteriosa.

Avevi un'idea di come Maria doveva essere, e quanto l'attrice si è avvicinata a quell'immagine?
Certo, avevo un'immagine in testa, inconsciamente. Ma fondamentalmente cercavo una ragazza che fosse molto naturale e con una certa forza nel fisico. Alla fine è stata la sua aura a convincermi più del suo aspetto. Era importante quello che succedeva tra lei e il protagonista maschile.

Il romanzo è ambientato in un'epoca storica specifica, poco dopo la riunificazione della Germania. Che legame hai con questo periodo e come hai affrontato gli aspetti visivi dell'epoca?
Sono nata a Berlino Ovest, ma poi sono emigrata da bambina. Ricordo molto bene il momento della caduta del muro. Solo più tardi, nel 2001, quando sono venuta a Berlino per studiare cinema, ho avuto amici dell'Est e solo allora ho capito esattamente cosa stava succedendo. Ho avuto al mio fianco Daniela Krien, l'autrice del romanzo, come consulente, per ritrarre quell'epoca in modo autentico. Per noi era importante che l'Est non fosse rappresentato solo come grigio e triste. Volevo che i personaggi venissero rappresentati in modo multiforme e vivace, come sono ed erano le persone del luogo.

Dove avete girato?
Abbiamo girato in Turingia. L'ho scoperta solo lavorando al film. Mi è piaciuto molto l'ambiente locale naturale. Abbiamo anche incontrato persone fantastiche che ci hanno aiutato e accolto calorosamente.

Hai già girato altri film in cui la natura gioca un ruolo importante.
La natura mi ispira molto, è sensuale. Per me è come un coro nelle tragedie greche, che osserva ciò che accade e sembra dire: "Attenti!”

L'estetica del film è piuttosto luminosa e non ci sono quasi mai scene al buio. Può dirci qualcosa di più sulle tue idee riguardo all'aspetto del film?
Per me il contrasto chiaro-scuro era molto importante. Ho visto la casa di Henner come una caverna; è angusta e spesso buia. È come un luogo proibito, ma la luce trova sempre un modo per entrare.

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(Tradotto dall'inglese da Alessandro Luchetti)

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