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Xavier Beauvois • Regista

La morale del regista

di 

Xavier Beauvois, già distintosi per N'oublie pas que tu vas mourir (1995, Premio della Giuria a Cannes), ha appena presentato il suo quarto lungometraggio, Le petit lieutenant a Venezia, nella sezione indipendente Giornate degli Autori (cfr. news). E proprio sul Lido ha accettato di evocare il suo film per Cineuropa.

Definiresti il tuo film un noir? E se lo è, da chi sei stato influenzato?
Mia moglie non dice che è un noir, ma io dico di si. Avevo desiderio di fare un film di genere, ma da una prospettiva diversa: invece di parlare dei criminali, volevo parlare dei poliziotti, per fare qualcosa di nuovo. Mi sono messo a studiare la loro vita sul posto di lavoro, e se è vero che il mio film è un film di genere, non posso però dire di essere stato influenzato da altri film e certamente non dalle fiction televisive, che mi annoiano dopo cinque minuti.
Ho filmato quello che vedevo. E' la mia morale come regista. Per questo ammiro Maurice Pialat, Rossellini e anche Cassavetes. Non voglio mentire al mio pubblico, nemmeno per ottenere delle belle immagini. Le petit lieutenant potrebbe essere definito un documentario, rispetto a tutti i film che ho visto sinora su questo tema. Per esempio, la prima scena riprende una reale cerimonia militare e una ventina di personaggi sono interpretati da attori non professionisti.

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I personaggi sembrano tutti "borderline". Come li hai diretti per far parlare così bene i loro volti e i loro silenzi?
C'è una differenza il commediante e il vero attore. Il primo, recita il personaggio. Il secondo, lo diventa. Per evitare che i miei attori recitassero in maniera artificiale, gli ho chiesto di non imparare a memoria la sceneggiatura. La leggevano solo la mattina, provavamo un paio di volte e basta. A volte, giravo fingendo che fosse una prova così non perdevano di naturalezza.

Sei un cinefilo?
Non vado al cinema tanto per andarci ma ci sono alcuni autori di cui mi fido ciecamente.

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(Tradotto dal francese)

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