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Alain Berliner • Regista

Musica e cinema

di 

Il regista belga era di ritorno a Bruxelles dopo diverse settimane di riprese sul set del suo prossimo film, Broadway dans la tête (Broadway nella testa) (leggi articolo). Ci confida la genesi del suo progetto e le sue intenzioni.

Cineuropa: Inizialmente volevi fare musica, il cinema è arrivato un pò per caso. Broadway dans la tête è un progetto in continuità con questo desiderio di musica?
Alain Berliner: La musica è sempre stata una componente importante nei miei film. Senza dubbio è la cosa più complicata dato che non sono un compositore, ma è difficile che una musica fatta per me mi piaccia. In me c’è sicuramente un musicista frustrato. È senza dubbio per questo che la commedia musicale mi ha interessato, e che ho avuto voglia di fare ballare e cantare degli attori in un film.

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Broadway, è un ricordo musicale o cinefilo? Fred Astaire, Gene Kelly o piuttosto Georges Gershwin, Irwin Porter?
È l’aspetto estremamente ricco della commedia musicale che mi ha attirato, il periodo tra il 1935 ed il 1955, nel quale si sono prodotte le grandi commedie musicali. Il massimo è per me l’associazione tra cinemascopio e Technicolor. Filmare il movimento, quelle coreografie e scenografie incredibili, hanno qualcosa di infinitamente cinematografico. Da giovane non ero attirato dalle commedie musicali; ho riscoperto il genere questi ultimi quindici anni. Il gusto per il genere mi è venuto facendo i film. Nel film Le mur (il Muro), per esempio, avevo realizzato una sequenza musicale, una scena onirica. Trovo divertente che un personaggio, improvvisamente, esca dalla realtà e si metta a ballare.

È particolare al tuo tipo di cinema, che oscilla tra immaginario e reale.
Si, ma qui, l’esitazione si situa tra illusione e realtà. I personaggi maschili vogliono diventare ballerini di commedie musicali ad un’età in cui la cosa non è più possibile. Il film ha qualcosa di paradossale, che mescola una trama molto drammatica con la commedia musicale, un genere per essenza lontano dal dramma. Se coloro che si innammorano e che si vogliono sposare incontrano alcune difficoltà, finiscono sempre per riuscirci! (ride). Legare questo aspetto con qualcosa di realista era un esercizio che mi interessava.

Questo miscuglio di generi, già presente nei tuoi film precedenti, è molto accentuato in quest’ultimo?
L’avevo fatto un pò nel film Ma Vie en Rose (la mia vita in rosa), ma in maniera meno evidente. Qui, si, il miscuglio è radicale. Ma fare un film così è logico. Sentivo anzi il bisogno di farlo, dentro di me.

Che cosa è stato all’origine del film? La voglia di commedia musicale o piuttosto la storia di una trasmissione da generazione a generazione?
In realtà avevo scritto un film corale su più persone confrontate alla problematica del segreto, alla questione del dire e non dire. Una di queste storie trattava delle prove su scena. Mi sono reso conto che è ciò che mi interessava veramente. Queste prove si facevano attorno ad un elemento molto drammatico il che mi portava verso un film totalmente drammatico. Non so come mi è venuto, ma mi sono detto «e se avessero tutti voglia di essere ballerini di commedie musicali ?». In questo modo potevo inserire una o due scene cantate e ballate, e hop, la trama è arrivata.

Filmare in Panavision è abbastanza raro in Belgio.
Il fatto è che siamo in coproduzione con gli inglesi. Il capo operatore [Tony Pierce Robert] è inglese, così come una parte del materiale. Gli inglesi hanno due telecamere, il che non è nelle mie abitudini. Ma le abbiamo utilizzate per filmare i balli in modo da avere delle sequenze larghe e allo stesso tempo serrate, per non stancare gli attori che ballano.

Come hai immaginato la musica nel film?
L’idea non era di rendere un omaggio esplicito a Porter, Gershwin o ad autori del genere, ma di lavorare su musiche che hanno colpito i personaggi in ogni epoca, dato che ci sono più generazioni. Ci voleva un lavoro di adattamento. L’anno scorso ho ascoltato il disco di "Nouvelle Vague", un gruppo dietro il quale si nasconde Marc Collin e ho molto apprezzato il loro adattamento degli anni ’80. Tenendo conto che François, il protagonista, ha 20 anni negli anni 80/90, abbiamo cercato insieme a Marc le canzoni che andavano a quell’epoca e ne abbiamo scelto un certo numero. Sono molto contento di questo aspetto del film nel quale il tip tap diventa una cosa molto attuale. Il tip tap non è altro che percussione, ritmo.

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