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David Lammers • Regista

Langer licht (Northern light)

di 

- Langer licht è l’attesissimo film olandese che segna l’esordio alla regia del promettente giovane cineasta David Lammers

David Lammers irrompe sulla scena nel 2001 con De laatste dag van Alfred Maassen (Alfred Maassen’s last day), il suo cortometraggio-diploma alla Film Academy, che gli vale il Dutch Film Prize per il miglior corto, oltre alla selezione nella sezione Cinéfondation del festival di Cannes. L’anno scorso il suo cortometraggio Veere è stato premiato con il Tiger Cub Award all’International Film Festival di Rotterdam (IFFR). Quest’anno torna a Rotterdam, ma stavolta selezionato nel concorso principale, con Langer licht [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: David Lammers
intervista: Jeroen Beker
scheda film
]
. Il film, che racconta dell’esaurimento nervoso del proprietario di una scuola di box ad Amsterdam e delle conseguenze sul rapporto con il figlio, fa anche parte della selezione Passions and promises (‘Passioni e Promesse’) dell’European Film Promotion.

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Cineuropa: Puoi raccontarci di come la tua passione per il cinema ha influenzato il tuo stile?
David Lammers: Posso fare film soltanto nel modo in cui li ho fatti finora. Non spetta a me giudicare se questo costituisca uno stile vero e proprio. Trovo ispirazione nel cinema di diversi registi, come Francis Ford Coppola, Terrence Malick, Claire Denis e Federico Fellini. Detto questo, tento di evitare di copiarli pedissequamente, scena dopo scena. Cerco sempre di guardare alle dinamiche più grandi che sono in gioco nella storia: come si scivoli da grandi sequenze a scene più piccole ed intime, come riuscire a creare un mondo credibile, come trasformare una scena di routine in qualcosa di unico nel suo genere, come utilizzare i primi piani, come rendere il rapporto tra forma e contenuto, etc.

In alcune precedenti interviste, hai fatto notare che il tuo film non parla soltanto della relazione tra i protagonisti, ma anche, più in generale, di un’estate in un quartiere di Amsterdam nord. Qual è il rapporto tra gli specifici bisogni di un film in quanto storia e la vita reale?
Uso raramente un espediente narrativo come punto di partenza di una storia. Al contrario, parto da un personaggio, un luogo od un particolare periodo dell’anno. La storia reale viene soltanto dopo, pezzo dopo pezzo. Personalmente, amo quei film in cui si trova più di quanto è necessario alla sviluppo della trama centrale. Quando scrivo, seguo entrambe le vie: un’alternanza tra uno scampolo di storia e qualcosa che mi ha ispirato nel mondo che mi circonda; alla fine ogni elemento dovrebbe fondersi in un tutto coerente. Trovo ispirazione nella vita di tutti i giorni, tale quale la vedo accadere sulle strade della mia città, ma raramente utilizzo questi elementi così come sono, spesso li modifico per far sì che abbiano una funzione propria nella storia che racconto. Sono consapevole di dovermi affidare ad una forma narrativa per far sì che lo spettatore possa identificarsi nei personaggi. Dalla scrittura al montaggio, cerco costantemente il perfetto equilibrio tra la storia che ho inventato e le immagini della vita reale che ho manipolato affinché potessero adattarsi alla storia stessa.

In Langer licht hai lavorato principalmente con attori sconosciuti o non professionisti. Perché questa scelta?
Il protagonista in Langer licht è interpretato da Raymond Thiry, un attore professionista (venuto dal teatro), come professionisti erano anche alcuni attori nei ruoli secondari. Nel mio lavoro, mi sforzo di creare un mondo naturale e credibile, e per certe scene, fortemente incentrate sulle emozioni, è veramente necessario servirsi di attori professionisti. In ogni caso, comunque, tento di trovare attori che vadano bene per quel mondo che ho immaginato, mai vice versa. Per i ruoli meno complessi, mi piace lavorare con persone del quartiere [dove la storia è ambientata], perchè entrano istintivamente nel personaggio e riescono a risultare molto naturali nell’essere loro stessi!

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