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Hany Abu-Assad • Regista

Un kamikaze agli Academy Awards

di 

Nella corsa agli Oscar (categoria migliore opera straniera) c'è una pellicola che rappresenta la Palestina, una "nazione che non c'è" che per il terzo anno consecutivo ha il diritto di concorrere alla mitica statuetta, malgrado non abbia ancora raggiunto una piena indipendenza. Il film è Paradise Now [+leggi anche:
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(una coproduzione con Paesi Bassi, Francia e Germania), diretto da Hany Abu-Assad. "Per me è un grande onore correre per una causa", ci dice il regista.

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Cineuropa: La sua è certamente una storia forte, perché affronta con stile realistico uno dei problemi più scottanti che affliggono il mondo, il terrorismo suicida in medioriente, il fenomeno dei cosiddetti kamikaze.
Hany Abu-Assad: Vorrei che il mio film fosse giudicato con parametri esclusivamente cinematografici. Paradise Now parla di amicizia, e di come le scelte che facciamo siano influenzate dall'ambiente che ci circonda e dalle circostanze. Ho utilizzato la realtà come sfondo. Volevo girare un thriller, un prodotto di genere, ma in un contesto realistico, in luogo e tempo reale, affrontando nello stesso tempo una storia importante da raccontare.

Ma il messaggio politico è inevitabile.
Personalmente, io sono contrario alla violenza. Ma il film è qualcosa di più complesso della mia opinione: ciascun personaggio ha la sua, ed entra in conflitto con se stesso e con gli altri.

Lei comunque ha una sua opinione sulle responsabilità nell'escalation della violenza?
Il mio punta di vista politico è chiaro: c'è uno Stato le cui frontiere sono controllate da Israele. Sono loro a occupare la nostra terra, sono loro che hanno la responsabilità della gente che vive nei suoi confini. Finché non si arriverà a dare gli stessi diritti ai palestinesi queste cose accadranno ancora, ci saranno quattordicenne pronti a diventare kamikaze.

Però il film non affronta gli elementi più negativi della vita palestinese, come la gestione mafiosa del territorio da parte di organizzazioni integraliste.
Quando saremo davvero una nazione libera e indipendente, allora parlerò anche della parte insana della nostra società.

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