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Afonso Pimentel • Attore

Shooting Star 2007 – Portogallo

di 

I fan del cinema portoghese l’hanno visto sbocciare sul grande schermo. Da Adeus Pai (1996) fino alla sua migliore prova d’attore nel film dell’orrore Bad Blood [+leggi anche:
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(vedi la news), Afonso Pimentel ha accumulato ruoli e registri differenti, nutrendosi delle sue esperienze per costruire una carriera variegata. Ora è sulla strada della Berlinale: "Sono contento, ma resto con i piedi per terra".

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Cineuropa: Recitare è quello che avrebbe sempre voluto fare nella vita?
Afonso Pimentel: No. Quando avevo sei anni, mettevo da parte i soldi per comprarmi una cinepresa. Poi obbligavo i miei amici a recitare piccole storie. A 13 anni, ho vinto il provino per il film Adeus Pai. Avevo voglia di sapere come gli altri raccontavano le loro storie. Ricordo di essermi detto: "Se non mi scelgono, potrò almeno assistere alle riprese!" Ecco come tutto è cominciato…

Come si è preparato per il ruolo in Bad Blood?
Ho superato il casting senza avere idea del ruolo. I registi mi hanno parlato solo quando erano sicuri che avrei fatto il film. Sarebbe stato facile cadere nei cliché, o in un’interpretazione ridicola… Avevamo in mente questo quando abbiamo cominciato a provare. Volevamo scoprire la verità dietro ogni scena. Tutto il casting ha lavorato con i registi e gli altri due attori (Isabel e Marco de Almeida) a questa scoperta.

Come attore, desidera continuare a lavorare nel cinema horror?
Senza dubbio è un genere che mi affascina, ma mi piacerebbe sviluppare altri personaggi. Più tardi, magari, tornerò a questo genere. Mi interessa interpretare ruoli diversi in ogni film.

Il cinema è un ambiente esclusivo. Alcuni attori hanno pregiudizi; pensano che lavorare molto per la televisione impedisca loro di accedere a ruoli più complessi al cinema. Malgrado il suo percorso, non pensa che il fenomeno "Floribell" (feuilleton per bambini e adolescenti) possa essere un freno alla sua carriera nella settima arte?
So che questo pregiudizio esiste e non posso farci nulla. Personalmente, non ne ho mai sofferto. Credo nell’impegno e la sincerità in ogni tipo di lavoro, che sia un feuilleton o un film. Sono prodotti diversi, destinati a pubblici diversi e che prevedono metodi diversi. La disciplina e la concentrazione richieste nel cinema finiscono per influenzare il nostro approccio alla televisione. Da un’altra parte, l’esperienza in televisione è stimolante perché insegna all’attore un meccanismo di risposta più immediato.

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