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Jan Sverak

Il mio film senza gli americani

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- Il regista ceco, premio Oscar nel '96 con Kolya, presenta Dark Blue World. Una storia di amore, guerra e libertà realizzata grazie a Italia, Germania e al Fondo Europeo

“Quando i produttori americani hanno rifiutato il mio film ho realmente creduto che non ce l’avrei fatta. Senza i contributi dell’Italia, la Germania e del Fondo Europeo per il Cinema Dark Blue World non sarebbe nato”. A parlare è il regista ceco Jan Sverak che dopo il successo di Kolya, Oscar come miglior film straniero nel 1996, arriva in Italia con la sua ultima fatica, costata oltre cinque anni di lavoro.
“E’ stata una realizzazione lunga quanto la guerra stessa di cui parlo”. Il conflitto durante il quale è ambientato il film è la Seconda Guerra Mondiale e la storia di battaglie e d'amore che ha ispirato Sverak è tratta dalle memorie di un pilota cecoslovacco, nel quale il regista individua la figura dell’eroe in un passato storico impossibile da dimenticare. E’ infatti l’amor patrio dei due protagonisti, Franta e Karel, piloti dell’aeronautica cecoslovacca durante la guerra, a spingerli a fuggire dal proprio Paese occupato dai nazisti e riparare in Inghilterra, dove hanno la possibilità di combattere ancora per la libertà. Un coraggio che molti piloti cecoslovacchi pagarono assai caro al loro ritorno, quando il regime comunista li rinchiuse in prigione per timore che riprendessero a combattere nuovamente per la libertà.
“Come è accaduto per tutti i miei film, anche questo mi ha sconvolto la vita. Mi sono ritrovato a combattere la stessa battaglia per l’indipendenza di Franta e Karel. Rifiutando le imposizioni americane, girare in inglese e tagliare tutte le scene della prigione, ho perso i loro soldi, ma ho conservato la mia libertà creativa, perché senza quelle scene il film non avrebbe avuto senso”. Sostenuto da Eric Abraham, già produttore di Kolya, Sverak ha dovuto rielaborare tutta la regia delle scene di guerra : “Dopo aver recuperato un paio di Spitfire in grado di volare, ricostruiti altri quattro e utilizzato l’esperienza di un consulente inglese per lavorare con la società ceca che si occupava degli effetti speciali, abbiamo dovuto far ricorso a tutta la nostra fantasia”. E aggiunge: “Ad Abraham è tornato in mente un film del ’69, I lunghi giorni delle aquile, per il quale vennero spesi milioni di dollari per le riprese aeree. Sapevamo che da qualche parte ci doveva essere il girato non utilizzato del film. Lo abbiamo trovato in una cantina umidissima e con l’aiuto di modellini e della computer grafica siamo riusciti a ricreare le battaglie in volo”. Il 37enne regista ha così vinto la sua guerra: “Per un certo verso questo film è un antidoto ai film di guerra americani, che rivedono la Storia ad uso e consumo degli effetti speciali, senza rispettare non solo gli eventi ma anche e soprattutto i suoi protagonisti”.

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