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CANNES 2009 Competizione / Francia

Wild Grass del mago Alain Resnais

di 

"Non importa, ci siamo molto amati": questa citazione di Gustave Flaubert messa da Alain Resnais nel bel mezzo del suo nuovo lungometraggio, Wild Grass [+leggi anche:
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scheda film
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, presentato alla stampa ieri sera in competizione al Festival di Cannes, riassume l'essenza delle trovate divertenti, brillanti e sottili escogitate dal veterano regista francese (86 anni) intorno al tema di un amore contrastato. Un'allegra magia cinematografica che si dissipa nel finale come un incantesimo che svanisce.

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Adattamento per mano di Alex Réval e Laurent Herbiet del romanzo L’incident di Christian Gailly, Wild Grass è costruito intorno al furto di una borsa, quella di Marguerite Muir (la sempre perfetta Sabine Azéma), e al ritrovamento del suo portafoglio da parte di Georges Palet (un geniale André Dussollier). Quest'ultimo, maniaco gentile stimolato dal mistero e dalla prospettiva di un'avventura, tampina la donna (dentista nubile appassionata di aviazione) al fine di incontrarla (telefonate, lettere, appostamenti intorno alla sua casa) prima che i ruoli si invertano.

Un piccolo gioco amoroso sul quale Alain Resnais tesse un delicato ordito cinematografico ornato da una voce fuori campo (Edouard Baer) e da dialoghi dal delizioso umorismo, oltre che da un bel trattamento visivo che gioca con i colori vivaci della scenografia e degli accessori (giallo, blu, rosso), con un montaggio inventivo e con movimenti di camera di una dolcezza travolgente.

Questa ricchezza visiva, che deve molto al noto talento del direttore della fotografia Eric Gautier, lascia agli attori la libertà di recitare con grande gusto (una menzione speciale va a Mathieu Amalric nelle vesti di un poliziotto iperteso e ad Anne Consigny, moglie più che tollerante, senza dimenticare Emmanuelle Devos, collega dentista) in un universo da commedia quasi burlesca, dove i protagonisti non fanno altro che cedere alla loro impulsività.

Cambiando idea alla velocità della luce, non portando a termine ciò che hanno cominciato, immaginando uno scenario prima di seguirne un altro, Georges e Marguerite danzano un valzer dell'esitazione intorno all'amore e al caso. Si incontreranno per la prima volta davanti a un cinema che dà Les Ponts de Toko-Ri (1954) e, come sottolinea il narratore, "quando esci dal cinema, niente ti stupisce". Niente tranne, forse, il brio gioioso e virtuoso (e questo a dispetto del calo di regime finale del film) di un Alain Resnais che non partecipava alla competizione sulla Croisette da 29 anni e dal suo Gran Premio della Giuria per Mon oncle d'Amérique.

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(Tradotto dal francese)

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