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FILM Italia

L'uomo nero, Sergio Rubini “artista mancato”

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Sergio Rubini è un attore che ha goduto del tocco magico di Federico Fellini, che lo usò come alter ego nell'autobiografico Intervista, (1987, era il suo penultimo film e Sergio aveva 28 anni) e gli ha lasciato il gusto del sogno, del grottesco e dell'amarcord. Attore prestato alla regia, Rubini ha continuato a percorrere entrambe le strade ed è diventato un cineasta interessante per la grande vivacità e densità delle sue immagini. Il cinema recente di Rubini è fatto di rimandi continui alla sua terra, la Puglia, e ai ricordi d'infanzia, in una sorta di riappropriazione storica di memorie sommerse, volti, ombre e odori, affetti e sentimenti, anche violenti, in un viaggio continuo nel proprio inconscio. "Se non si torna a se stessi, cosa si racconta?" afferma il regista, che è tornato a se stesso con La terra, L'amore ritorna [+leggi anche:
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, L'anima gemella [+leggi anche:
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, Tutto l'amore che c'è, con il suo primo film da regista, La stazione, datato 1990. L'ha fatto anche con L'uomo nero [+leggi anche:
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, decimo film in uscita il 4 dicembre in oltre 200 copie con 01 Distribution, prodotto da Bianca Film e Rai Cinema.

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Scritto da Domenico Starnone - che come Rubini è figlio di un ferroviere - assieme a Carla Cavalluzzi, il film racconta la storia di un capostazione (interpretato dal regista) in un paesino pugliese degli anni Sessanta, dotato di ispirazione artistica, ma costretto a rimanere un pittore dilettante perché i suoi concittadini ne frustrano le ambizioni. Accanto a lui una moglie (Valeria Golino), che ha studiato ma è racchiusa senza velleità nel suo ruolo di insegnante e casalinga, un cognato trentenne scapolone e rubacuori (Riccardo Scamarcio) e un vivacissimo figlio di 7 anni (Guido Giaquinto) vittima delle smanie artistiche del papà. E' proprio attraverso lo sguardo del bambino che osserviamo la vicenda, dilatata dalla fantasia infantile e restituita in tutti i suoi colori. Il capostazione è la vittima di due notabili del paese, il professore Venusio e l'avvocato Pizzetti (i bravissimi Vito Signorile e Maurizio Micheli, come il Gatto e la Volpe di Collodi) e solo da adulto, alla morte del padre, quel bambino dagli occhi grandi e mobili scoprirà il silenzioso riscatto del padre e capirà che quell'uomo iroso non era "l'uomo nero" che lui credeva.

Se L'uomo nero è un vero e proprio catalogo di autocitazioni (da La stazione, in cui Rubini era capostazione in un paesino pugliese, a Denti di Gabriele Salvatores, tratto da un romanzo di Starnone con Rubini protagonista, e persino il recente Colpo d'occhio nella aperta polemica sulla funzione della critica, negata però dal regista), la brillante interpretazione del trio di protagonisti (ai quali aggiungiamo il piccolo Guido Giaquinto e il resto del cast) rinnova un'idea originaria che Rubini tiene viva restando sempre sui toni leggeri della commedia.

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