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FILM / RECENSIONI

Lourdes

di 

- Con misura e curiosità laica la regista austriaca si avvicina ad uno dei grandi temi dell'ortodossia cattolica, il miracolo, attraverso il "viaggio della speranza" di una giovane paraplegica

Cinema e sacro hanno da sempre intrattenuto un rapporto profondo e grandi maestri sono stati attratti dalla spiritualità e dal corredo estetico e simbolico della religione: Bresson, Dreyer, Rossellini, Pasolini (più di tutti e in modo più conflittuale con la religione cattolica), hanno configurato il nesso fra trascendente, mito e morte. Il cinema postmoderno ha poi dimostrato di saper fare a meno di Dio (Guerre Stellari) o di saperlo strumentalizzare (Mel Gibson) ma sempre ritornando a nuove forme di spiritualità.

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Con un approccio asciutto e misurato ma non privo di una vivace curiosità, anche la filmmaker austriaca 37enne Jessica Hausner ha affrontato l'argomento attraverso uno dei topoi del cattolicesimo moderno, il pellegrinaggio a Lourdes. Il suo film, intitolato semplicemente Lourdes [+leggi anche:
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intervista: Jessica Hausner
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, racconta alcuni giorni di permanenza in quella che è diventata la seconda città della Francia per accoglienza, con i suoi 230 alberghi e gli oltre 6 milioni di visitatori l’anno, di una giovane donna, Christine, costretta su una sedia a rotelle dalla sclerosi multipla. Sylvie Testud, che la interpreta, si è preparata al personaggio lavorando con paralitici e fisioterapisti.

Accompagnata dai volontari dell'Ordine di Malta, Christine attraversa questo organizzatissimo sistema, una sorta di oliatissima "Disneyland del miracolo", come è stata chiamata, con le sue quattro basiliche, di cui una enorme e sotterranea che ospita 25mila posti, le 16 piscine in cui si immergono i malati, gli spazi aperti per i raduni di massa, la tenda per l’adorazione eucaristica e l’edificio per le confessioni.

Alla giovane volontaria che l'assiste, Maria (Léa Seydoux), e che le chiede perché è a Lourdes, Christine risponde che quello è l'unico modo per viaggiare e incontrare gente. Christine ha dunque un atteggiamento cauto, probabilmente non si aspetta molto da quel luogo. L'isolamento a cui l'ha portata la sua malattia è vissuto come una condanna. Lei che avrebbe potuto avere una famiglia, un lavoro, degli amici, si sente invece totalmente inutile. E guarda con invidia Maria flirtare con i giovani volontari.

La regista, che è arrivata a girare Lourdes dopo la storia familiare di Lovely Rita [+leggi anche:
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e gli oscuri interni labirintici di Hotel [+leggi anche:
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, ci mostra senza ipocrisia né compiacimenti una scheggia del mondo cattolico moderno, tratteggiando i personaggi nella loro umanità. Quando avverrà il "miracolo" e Christine si solleverà lentamente dalla sua sedia come un Lazzaro risorto, le pie donne si chiederanno "ma perché a lei e non a qualcun altro?", dimostrando ben poca carità cristiana ma una immensa concretezza. E riceveranno una risposta piuttosto nebulosa quando porranno la questione al prete che le accompagna.

Che Christine sia guarita o che sia solo un miglioramento prima di una ricaduta, come sentenziano i medici del comitato per i miracoli, non ha importanza. A Jessica Hausner interessa illustrare tutta l'ambiguità e la crudeltà di quel fenomeno, senza provocazioni iconoclaste. "Questo film ha rappresentato per me un cammino di ricerca, alla fine del quale ho scoperto che se un Dio esiste, è ingiusto", ha detto alla Mostra di Venezia. Christine intravede la possibilità di dare un senso alla sua esistenza, e vive un momento di felicità. Non importa se il mondo (o Dio) è ingiusto. Come dice padre Nigel nel suo inutile tentativo di alleviare le sofferenze della protagonista, "in un certo senso, siamo tutti bloccati su una sedia a rotelle".

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