email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

FILM Paesi Bassi

Can Go Through Skin, il dolore nella mente

di 

Marieke scrive “vendetta” sul suo diario. Il suo fidanzato l’ha lasciata, e lei è preda di una tempesta emozionale. Ma il peggio arriverà più tardi, quando il ragazzo che le ha portato la pizza ordinata al telefono abuserà di lei, cercando persino di affogarla nella vasca da bagno.

Decisa a superare il trauma o viverlo fino in fondo in totale isolamento, Marieke va a vivere in campagna, in Zelanda, in una casa abbandonata, sudicia, senza riscaldamento. Qui il dolore, la frustrazione, la rabbia si fanno pressanti, si materializzano, amplificati dalla solitudine, e la realtà comincia a confondersi con la fantasia. Dopo un passaggio nella sezione Forum della Berlinale, il film di debutto dell’olandese Esther Rots, Can Go Through Skin, approda al concorso del festival del Cinema Europeo di Lecce. Mantenendo sempre la macchina da presa a distanza ravvicinata dal viso bello e duro e dal corpo dell’attrice Rifka Lodeizen, Rots ci fa rivivere il dramma psicologico della protagonista in una indagine conoscitiva di un inconscio ferito dalla violenza, che si aggira in un ambiente ostile. Ogni ombra, ogni suono improvviso è un segnale dell’aggressione alla protagonista da parte del mondo esterno.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

E proprio il lavoro di sound engineering di Dan Geesin in questo film a basso budget è quello che colpisce di più lo spettatore: suoni amplificati, strumenti manipolati e canzoni originali vengono messi al servizio dei sentimenti contrastanti della protagonista. Per dimostrare che certe ferite non guariscono mai.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy