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FILM Italia

Dopo la tv, la satira di Boris sul mondo del cinema

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Attrici nevrotiche e "cagne", un premio Oscar che si gioca la preziosa statuetta a poker, sceneggiatori che non sanno coniugare i verbi, il direttore di un'importante rete tv che vive il "declassamento" alla sezione cinema come la morte civile. Al grido di "dopo il cinema c'è la radio, dopo la radio c'è la morte", la sgangherata troupe di Boris fa il salto dal piccolo al grande schermo, nella finzione come nella realtà. E prende di mira, con una spregiudicatezza rara, il mondo del cinema italiano, tutto. Non risparmiando nomi e cognomi. Esce il I aprile in 300 copie distribuite da 01 l'attesissimo Boris il film [+leggi anche:
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, trasposizione cinematografica della fortunatissima serie tv, andata in onda in tre stagioni su Sky, che ironizzava senza pietà sul mondo della fiction televisiva brutta e sciatta.

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Scritto e diretto dal trio di "golden boys" Mattia Torre, Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo, sagaci autori anche della serie, Boris il film parte da un rigurgito d'orgoglio del regista televisivo René Ferretti (Francesco Pannofino, doppiatore italiano di George Clooney), il quale, sul set di una fiction sul giovane Ratzinger, si rifiuta di girare una scena in cui il futuro papa, alla notizia della scoperta del vaccino antipolio, corre felice su un prato della Baviera, al ralenti. Abbandonato il set, Ferretti riceverà l'inaspettata proposta di girare un film vero, per il cinema, impegnato, "alla Gomorra". Ma nel Paese più televisivo del mondo, oltre che patria della "grande commedia", il serioso progetto dovrà fare i conti con le più prosaiche esigenze del mercato. E la presunta grandeur del cinema si rivelerà tutta un bluff.

Nel film, prodotto da Wildside in collaborazione con Rai Cinema e Sky, si ritrova tutto il cast della serie tv, tra cui Caterina Guzzanti (l'assistente alla regia un po' secchiona), Carolina Crescentini (l'attrice "cagna maledetta") e Pietro Sermonti (il divo della tv esaltato e tronfio, ma decisamente mediocre), e gli aficionados si sentiranno a casa propria, ritrovando gli stessi toni e temi del telefilm. "Ma non abbiamo voluto battere sui tormentoni già noti", assicurano gli autori, "sarebbe stato troppo facile. Volevamo evitare che chi non ha visto la serie si sentisse escluso". Ne hanno comunque creati altri, e con questa operazione, alla fine, sono riusciti a smentire la dura legge della fiction, una delle battute più belle del film: "La tv è come la mafia. Non se ne esce, se non da morti".

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