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FILM / RECENSIONI

Il ministro - L'esercizio dello Stato

di 

- Il potere politico analizzato a ritmo di thriller. Un maestoso Olivier Gourmet in un film presentato a Cannes.

“Lei non è qui per rifare il mondo, ma per guadagnare quei cinque punti di sondaggio che perderemo”. È al ministro Bertrand Saint-Jean che si rivolge con queste parole il capo del governo francese, annunciandogli una promozione accompagnata da un avvertimento: "I doni che gli Dei mettono sul nostro cammino, se non li sfruttiamo, gli Dei potrebbero vendicarsi”.

Con Il ministro - L'esercizio dello Stato [+leggi anche:
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, presentato nella sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes 2011, il regista francese Pierre Schoeller ha realizzato uno studio sorprendente e nel vivo della frenesia crudele dell'azione politica, dei doveri e del lavoro forsennato all'ombra dell'alta amministrazione, e dei casi di coscienza tra interessi generali e particolari. Interpretato da attori eccellenti (Olivier Gourmet e Michel Blanc) e con una regia brillante, il film conferma senza difficoltà le aspettative create da Versailles [+leggi anche:
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, presentato nella stessa sezione nel 2008.

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Il film, che comincia con un incubo sconvolgente e simbolico, si concentra sul personaggio di Bertrand Saint-Jean (Olivier Gourmet), da qualche mese ministro dei Trasporti. Saint-Jean viene chiamato nel bel mezzo della notte per un'emergenza: deve recarsi in provincia sul luogo di un incidente mortale che ha coinvolto uno scuolabus. Sulla via del ritorno non regge lo stress e vomita, mentre il suo addetto stampa lo bombarda sul suo status mediatico e sui benefici che questo evento può offrirgli ("siamo in una situazione di emotività, siamo intoccabili", "sei un oggetto politico non identificato, sei sfocato, non hai un'immagine, la tua storia va ancora scritta").

Il tono del film è annunciato in questa prima sequenza. Il ministro, che non ha familiarità con il mondo del potere e ha mantenuto un'umanità vicina al popolo, sarà confrontato a un grosso dilemma: accettare o no la privatizzazione delle stazioni voluta dal primo ministro? Partigiano del servizio pubblico con il suo segretario di gabinetto (Michel Blanc), che si rivela essere la vera mente del ministero, Saint-Jean partecipa a riunioni scalmanate con consiglieri di gabinetto, si sposta continuamente con l'automobile di rappresentanza, è sempre incollato al telefono (a volte due apparecchi contemporaneamente), trascura completamente la sua famiglia e pensa di poter far pendere il rapporto di forza politica in suo favore. Ma bisognerà fare una scelta...

Ritratto molto meticoloso del quotidiano ministeriale e del gioco politico, che gioca abilmente sul contrasto tra l'attività frenetica del ministro e l'universo ovattato del ministero, L'exercice de l'Etat è anche il ritratto di un uomo solo ("4000 contatti e neanche un amico"), che davanti alla realtà non sa se aprire gli occhi o tenerli chiusi. Mostrando numerose qualità formali (in particolare una bella fotografia e un ritmo sostenuto), la pellicola riesce nella sua volontà di non voler privilegiare una tesi e di non escluderne nessuna.

Ma non è certo il film dei buoni sentimenti, dato che l'umanità del ministro ha i suoi limiti ("saremo tigri affamate nella notte”, “li schiacceremo") e l'istinto politico vede spesso accompagnarsi alla bramosia del lusso repubblicano a scapito dei meno fortunati ("noi moriremo con la bocca aperta"). Constatazione implacabile di un meccanismo in cui i garanti dell'etica pubblica si lasciano sedurre dalla potenza ben radicata del privato all'interno dello Stato, il film di Pierre Schoeller trasforma alcune domande attuali un po' aride in un'opera palpitante e incisiva che segna una nuova tappa di grande qualità in una carriera da seguire con attenzione.

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(Tradotto dal francese)

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