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CANNES 2012 Selezione ufficiale / Chiusura

Thérèse Desqueyroux: morsa sociale e dramma interiore

di 

- Audrey Tautou brilla nel ruolo drammatico di una giovane donna soffocata dalle convenzioni borghesi. L'ultimo film del compianto Claude Miller

"La sposo un po' per i suoi pini. So che non sta bene, ma ho la proprietà nel sangue". Siamo nel 1928 nelle Lande e il matrimonio di Thérèse e Bernard unisce due famiglie ricche della regione, portando i possedimenti della giovane coppia a 4500 ettari di pineta. Ma le schiaccianti convenzioni borghesi dell'epoca soffocheranno ben presto la sposa, "una ragazza che riflette troppo", "uno spirito troppo forte" che vacillerà in un tentativo criminale disperato. Adattamento del celebre romanzo omonimo di François Mauriac, Thérèse Desqueyroux [+leggi anche:
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, che chiuderà domani sera fuori concorso il 65mo Festival di Cannes, permette a Audrey Tautou e Gilles Lellouche di brillare in parti drammatiche per loro rare. Ma il film rende soprattutto un bell'omaggio al lavoro del regista Claude Miller, recentemente scomparso (news) e fervente difensore di un cinema europeo di qualità.

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Un breve prologo introduce due adolescenti (Thérèse e Anne), felici e libere nel caldo dell'estate e nel conforto del loro ambiente sociale (ampie costruzioni nel cuore della campagna delle Lande), anche se Thérèse sembra odiare la caccia, cui preferisce la lettura. Il film entra nel vivo del soggetto con il matrimonio, sei anni più tardi, tra la giovane donna (Audrey Tautou) e il ben educato Bernard (Gilles Lellouche), che ama i piaceri semplici della vita. Al contrario, Thérèse dissimula sotto una maschera di seria e fredda indipendenza una vibrante vita interiore ("ci sono molte cose nella mia testa, è questo che mi spaventa").

In viaggio di nozze a Baden Baden, Thérèse si rivela completamente insensibile ai piaceri della carne e comincia a sognare di evadere dalla sua realtà (pensieri di fuga o di suicidio). Il suo segreto smarrimento si fa ancora più acuto quando sua cognata Anne (Anaïs Demoustier) s’invaghisce perdutamente di un bello studente, Jean Azevedo. Questa relazione è percepita come una follia dalla famiglia Desqueyroux perché rimette in questione un progetto di matrimonio a fini patrimoniali, ma anche per una questione di antisemitismo ("giurano di non essere ebrei, ma quando li vedi, capisci", s'infiamma Bernard). Spinta a tradire Anne per solidarietà familiare e forse per gelosia di questo amore assoluto, Thérèse sprofonda sempre più nella disperazione interiore, non assumendosi il ruolo di madre alla nascita del suo primo figlio e cominciando ad avvelenare lentamente suo marito con l'arsenico. Sarà smascherata e consegnata alla giustizia, ma il marito tenterà nonostante tutto di comprendere il suo gesto…

Bellissimo ritratto di una donna dilaniata tra una natura intellettuale e la morsa del ruolo che la società le impone (sposa docile, madre amorevole, moglie pragmatica), Thérèse Desqueyroux dipinge con grande precisione il peso del non detto ("ci intendiamo molto bene a nascondere la polvere sotto il tappeto") e l'ombra che avvolge un'anima che si sente imprigionata e asservita a un'esistenza già scritta. Un dramma psicologico molto cupo che Claude Miller (che ha scritto la sceneggiatuira con Nathalie Carter) ha saputo sviluppare con finezza, ben aiutato dalla performance della sua attrice principale e da una messa in scena arieggiata dalla natura solare circostante.

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(Tradotto dal francese)

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