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BERLINALE 2013 Concorso / Francia

E tre: Ulrich Seidl presenta Paradise: Hope

di 

- Proiettato alla Berlinale, il terzo film della trilogia Paradise di Ulrich Seidl partecipa, come i due precedenti, al concorso di un grande festival europeo

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. Il regista austriaco Ulrich Seidl chiude la sua trilogia alla Berlinale, dove il film è proiettato in concorso.

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Melanie (Melanie Lenz) passa le sue vacanze in una clinica dimagrante per adolescenti obesi. In questo luogo grigio e impersonale, tra allenamento fisico e mentale da una parte, e la prima sigaretta e le storie di sesso scambiate con la sua compagna di stanza dall’altra, Melanie — una bambina — si innamora di un uomo di quarant’anni più grande. Il dottore (Joseph Lorenz) non è insensibile alla ragazza, che tenta maldestramente, ma in modo diretto, di sedurlo.


Delle tre protagoniste della trilogia Paradise, Melanie è l’unica a essere innocentemente costretta al suo statuto di vittima. La sua verginità amorosa incontra un dolore semplice, quasi originale. Questa prima grande emozione è repressa perché interdetta da una convenzione che bisogna accettare. «Non sei più autorizzata a guardarmi o a parlarmi», decreta il dottore, ispiratore di un gioco pericoloso di cui rifiuta le conseguenze. Ai «perché» supplichevoli della sua giovane spasimante, c'è solo una convenzione sociale da obiettare: «Perché è così». In precedenza, l’uomo si è pertanto rifugiato a lungo nei boschi per allontanarsi fisicamente da questa società, la stessa che normalizza le cliniche per adolescenti che vogliono perdere peso. Con lui, la sua vittima addormentata, che ha steso sull’erba di una radura per annusare il suo corpo inerme a quattro zampe, come un animale. Di questo Eden, Melanie non avrà coscienza, perché immersa in un pacifico coma etilico.

E’ l’innocenza che fa di Paradise: Hope il segmento più triste della trilogia, ma è l’episodio meno provocatorio e probabilmente anche il meno esigente per il pubblico. Ulrch Seidl e la sua co-sceneggiatrice Veronika Franz si lasciano andare a una maggiore leggerezza giocando con dolce ironia sull’allenamento ridicolmente militare di questi giovani. Quando cantano tutti insieme l’unico motivo musicale del film — «If you’re happy and you know it, clap your fat» — e si battono sul loro corpo grasso, il pubblico sorride. Così come quei volti handicappati sulle macchine a scontro in apertura di Paradise: LoveParadise: Hope termina con una ripresa di questo inno, simulacro di felicità. Oltre l’apparenza, però, il paradiso è ancora lontano.

 

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(Tradotto dal francese)

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