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CANNES 2013 Quinzaine des Réalisateurs

Il pubblico della Quinzaine ospite al Congress di Ari Folman

di 

- Tornato a mani vuote dal concorso di Cannes 2008 con Valzer con Bashir, il regista israeliano torna sulla Croisette per l'apertura della Quinzaine des Réalisateurs 2013

Tornato a mani vuote dalla selezione in concorso al festival di Cannes 2008 con Valzer con Bashir [+leggi anche:
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, il regista israeliano Ari Folman torna sulla Croisette per l'apertura della Quinzaine des Réalisateurs 2013. E lo fa con un'opera piuttosto ambiziosa giacché The Congress [+leggi anche:
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è l'adattamento di un romanzo di fantascienza dello scrittore polacco Stanislaw Lem — l’autore di Solaris — che mischia riprese dal vero e animazione per la maggior parte del film.

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La storia originale era stata pubblicata nel 1971, così Ari Folman si è preso qualche libertà con la sceneggiatura per farne un racconto più in linea con le tematiche attuali legate alle derive del virtuale. Si narra dell'attrice americana Robin Wright — che interpreta se stessa — che accetta un ultimo contratto proposto da un grande studio. Quest'ultimo le propone di espropriarla completamente della sua immagine. Robin, un po' appassita e senza lavoro, è attratta da questa offerta che consiste nel farsi scannerizzare completamente a beneficio di numerosi cloni virtuali che potranno poi essere utilizzati, venduti o rimossi a piacere dai produttori cinematografici, che perpetueranno all'infinito un'immagine ferma allo splendore della giovinezza.

Dietro questa promessa d'immortalità, c'è la nozione della perdita d'identità che era già al centro di Valzer con Bashir. Quando — passato il prologo — ritroviamo l'attrice, sono passati vent'anni e la situazione è chiaramente fuori controllo, in una società distopica interamente regolata dall'utilizzo di droghe. A 63 anni, Robin è invitata al Congresso di futurologia dove la multinazionale cinematografico-farmaceutica, Paramount Nagasaki, presenta la sua ultima invenzione: vivere il proprio film on demand con l'attrice che ci si è scelti. Robin sa di essere sul punto di imbarcarsi personalmente in una lunga avventura, la ricerca della propria identità perduta, un percorso di ricostruzione costellato di incontri che in qualche modo rimanda al lavoro sulla memoria compiuto dalla versione virtuale del regista nel sua precedente docu-fiction animata.

Non è tanto la tecnica d'animazione 2D che utilizza Ari Folman quanto il proposito estetico che potrà scoraggiare gli amanti della fantascienza o gli appassionati del cinema d'animazione d'autore, qui falsamente minimalista. L’immagine abbonda di colori psichedelici che, se evocano molto bene una società allucinata, possono risultare respingenti. Per fortuna, la storia va oltre la veste grafica, ma il soggetto stesso può suscitare qualche perplessità, essendo tutt'altro che nuovo. Un tema spesso appannaggio di film di serie B o di blockbuster americani, come Strange Days di Kathryn Bigelow o il più recente Surrogates con Bruce Willis.

Sia chiaro, il trattamento di Folman è molto diverso, più introspettivo e aperto alla riflessione poetica sulle derive possibili e forse già avviate della società odierna. Nei meandri di questo viaggio iniziatico, lo spettatore a volte si perde e fatica a ritrovare quella componente umana che garantirebbe l'emozione. E', ovviamente, il tema del film, vittima di una "mise en abîme" che si intuisce involontaria, ma che sembra inevitabile, non fosse altro che dal punto di vista finanziario. La fantascienza costa caro, soprattutto quando si tratta di plasmare un universo visivamente efficace, e su questo punto, The Congressfa molta fatica.

The Congress è una coproduzione tra Israele, Germania, Polonia, Francia, Belgio e Lussemburgo, venduta nel mondo da Match Factory. La maggior parte degli interpreti sono americani, come Harvey Keitel, Jon Hamm, Paul Giamatti, Danny Huston e appunto Robin Wright, e il film è girato in lingua inglese, a rafforzare l'idea di una satira di Hollywood che avremmo voluto più sottile e pungente.

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(Tradotto dal francese)

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