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EDITORIALE

Il Parlamento europeo sostiene l'eccezione culturale

di 

- Il Parlamento europeo ha espresso il suo rifiuto di vedere i servizi culturali e audiovisivi servire da moneta di scambio in una trattativa commerciale globale con gli Stati Uniti

Il voto è senza appello: 381 a favore, 191 contro e 17 astenuti. Il Parlamento europeo riunitosi in seduta plenaria a Strasburgo il 23 maggio 2013 ha espresso chiaramente il suo rifiuto di vedere i servizi culturali e audiovisivi servire da moneta di scambio in una trattativa commerciale globale con gli Stati Uniti.

Sotto l'impulso del Presidente Barroso e del Commissario europeo al Commercio Karel De Gucht, la Commissione europea ha proposto lo scorso marzo il lancio di una partnership transatlantica per il commercio e l'investimento tra Unione europea e Stati Uniti. In totale contraddizione con le precedenti trattative commerciali, il progetto di mandato proposto dalla Commissione europea ignora l'eccezione culturale, l'approccio secondo cui i beni e i servizi culturali e audiovisivi non devono essere trattati come merci come le altre.

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Malgrado la convenzione UNESCO del 2005 ratificata dall'Unione europea e dai suoi Stati membri che mira a escludere beni e servizi culturali da una logica puramente commerciale e a creare un forum internazionale di discussione sulle politiche culturali necessarie allo sviluppo della diversità delle espressioni culturali, la cui sfida si decuplica nell'era del digitale, la Commissione europea non ha esitato a includere i servizi culturali e audiovisivi in questa nuova trattativa in nome del libero scambio.  

I cineasti europei, così come i ministri della Cultura, si sono immediatamente mobilitati per ricordare alla Commissione i suoi impegni a favore della diversità culturale e tutte le politiche nazionali ed europee, esistenti o future, che verrebbero minacciate da tale negoziazione. Una lettera dei ministri della Cultura è stata inviata al Presidente Barroso e i cineasti europei hanno lanciato una petizione.

Karel de Gucht ha tentato di rassicurare tutti dichiarando: "L'eccezione culturale non sarà mai negoziata!" (comunicato stampa del 22 aprile). Purtroppo, De Gucht non prevede altro che il mantenimento delle politiche esistenti e dei meccanismi di sovvenzione o di quote (si parla di "standstill": le politiche sono congelate allo stato attuale al momento della firma dell'accordo). Per ciò che riguarda il futuro e la possibilità di adattare le nostre politiche all'era digitale, De Gucht considera che debbano essere messe sul tavolo delle trattative. De Gucht non vede alcun problema nel privare gli europei della definizione delle loro scelte sociali per il futuro. Prevede senza scrupoli la possibilità per l'Ue e i suoi Stati membri di impegnarsi con gli Stati Uniti a rinunciare, ad esempio, a ogni politica di contributo degli operatori internet nel finanziamento alla cultura. Ha anche spiegato ai cineasti europei che lo hanno incontrato il 6 maggio che una trattativa commerciale è una partita a poker e che bisogna fidarsi di lui per difendere gli interessi europei!   

Un approccio così leggero alla sovranità culturale dell'Unione europea e dei suoi Stati membri è inammissibile e il Parlamento europeo lo ha capito. Con l'adozione della sua risoluzione sulle trattative in vista di un accordo commerciale tra Unione europea e Stati Uniti il 23 maggio, il Parlamento europeo ha chiaramente indicato che soltanto l'esclusione dei settori culturale e audiovisivo li avrebbe messi al riparo da ogni intervento americano: il Parlamento europeo "ritiene indispensabile che l'Unione e i suoi Stati membri mantengano la possibilità di preservare e sviluppare le loro politiche culturali e audiovisive, e questo nell'ambito delle loro conquiste legislative, normative e convenzionali; chiede dunque che l'esclusione dei servizi di contenuti culturali e audiovisivi, compresi online, sia chiaramente stipulata nel mandato di negoziazione" (paragrafo 11).

Questo voto è estremamente importante perché lancia un avvertimento chiaro alla Commissione europea, cui chiede esplicitamente di rivedere la sua bozza. Questo voto è anche un messaggio politico forte all'attenzione degli Stati membri perché sono loro che hanno il potere decisionale in materia. Infatti, in materia commerciale, la Commissione europea tratta in nome degli Stati membri sulla base di un mandato di negoziazione che gli Stati membri affidano alla Commissione.

E' il 14 giugno prossimo che gli Stati membri, in particolare i ministri responsabili del commercio estero, dovranno decidere del contenuto di questo mandato. Hanno in mano la sorte dell'eccezione culturale e della capacità dell'Ue di decidere del futuro delle proprie politiche culturali.

Il solo modo di mettere le politiche culturali e audiovisive europee, esistenti e future, al riparo dal rischio di essere sacrificate davanti a prospettive di accesso al mercato americano in altri settori è non integrarle in questo negoziato globale. E' ciò che chiedono i professionisti europei e che hanno appena ottenuto dal Parlamento europeo.

La mobilitazione continua e sarà rivolta soprattutto ai governi nazionali da qui al 14 giugno. Unitevi a noi firmando la petizione dei cineasti!

Clicca qui per la petizione.

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(Tradotto dal francese)

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